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TOSCANA - Gatti e macerie dove c’era la Chelliana
di Maurizio Bernardini
GIOVEDÌ, 18 APRILE 2013 IL TIRRENO - Grosseto





Promesse, progetti, preventivi lievitati: doveva ospitare la biblioteca, ma ancora il Comune non sa cosa farci


GROSSETO Roba da far venire il mal di testa: palazzo Mensini, l’ex sede della biblioteca Chelliana, è il terzo luogo da salvare proposto dal Tirreno. È l’ennesima scommessa persa. E, tanto per cambiare, i quattrini puntati sul piatto ce li abbiamo messi noi. La storia. È il 1860, l’Italia unita ancora è un sogno, Garibaldi e i suoi mille mietono successi in meridione e nel nord est dello Stivale bivaccano gli austriaci. Bene: la Chelliana c’è. La mette in piedi proprio quell’anno il canonico Giovanni Chelli. Nel 1923 la sede diviene palazzo Mensini, costruito sul finire dell’Ottocento per volontà del vescovo. Trascorrono più di settant’anni, un bombardamento e un paio di alluvioni. Ma la biblioteca resiste. A dare una mano nella messa in salvo dei volumi è un certo Luciano Bianciardi. Passa ancora del tempo: nell’87 spuntano le prime impalcature per proteggere passanti e studenti da cedimenti (allora il liceo classico era compreso nel Mensini, ndc). Nel 1995 rimandare la ristrutturazione è impossibile. La biblioteca si accomoda nell’attuale sede di via Bulgaria. È una sistemazione provvisoria. Valentini, quasi nove anni di Antichi, parentesi Bellettini, doppio Bonifazi: non cambia più nulla. La girandola. Insomma, mentre la Chelliana giace in via Bulgaria la politica cosa fa per rimettere in sesto il Mensini? Nel 2002 l’allora sindaco Alessandro Antichi incarica l’architetto Roberto Aureli di progettare gli allestimenti per far tornare la biblioteca a casa. Incarico peraltro ampliato poi da Bonifazi che nel 2007 affida il completo disegno di restauro al professionista. Alla fine della giostra qualche lavoro viene portato avanti, poi ci sono problemi con ditte che falliscono e opere lasciate a metà. Nel 2009 spunta anche un protocollo d’intesa siglato tra Comune e ateneo senese (che dovrebbe spostare al Mensini parte delle aule universitarie), un atto che coinvolge anche i denari elargiti dalla Fondazione Mps. Ci sono pure le polemiche per un edificio che sembra «non reggere il peso dei libri» e le risposte piccate del progettista Aureli che, dati alla mano, assicura il contrario. Alla fine di tutto sembra comunque siano più di due milioni gli euro gettati al vento. Ma sulle cifre ci prendiamo qualche riserva: la girandola di destinazioni («Ci faremo la sede dell’università», e ancora «Lì andrà il centro degli Etruschi», solo per citarne alcune rilasciate, negli anni, da Bonifazi) e il continuo frullare delle parti in causa non rende certo facile fare i conti in tasca alla disgraziata Chelliana. Sta di fatto che i consiglieri comunali Giacomo Gori e Massimo Felicioni stanno preparando proprio in questi giorni una segnalazione da inviare alla Corte dei conti. Stessa cosa che è già stata fatta lo scorso anno da Italia Nostra, Wwf, coordinamento comitati e associazioni ambientaliste. Nel documento, in cui è stato chiesto di verificare come siano stati spesi i denari pubblici indirizzati al Mensini, c’è anche la firma dell’architetto Roberto Aureli. «Per adesso non sappiamo ancora nulla, credo che le indagini siano in corso. Tutto è alla procura della Corte dei conti» ci ha detto ieri Michele Scola, di Italia Nostra. Il viaggio. C’è il sole quando decidiamo di fare due passi dalle parti del Mensini. La facciata non è messa male, fu ristrutturata durante il mandato di Alessandro Antichi. Nel retro, però, scoviamo i resti di uno scooter, qualche bicicletta fatta a pezzetti e fustini di plastica. Ci sono anche alcune transenne. Insomma, le sozzure non mancano. Da lì la domanda: ma se fuori – dove ognuno può vedere, e magari pulire – l’ambiente è così sudicio, dentro (con le porte sigillate da anni) in che condizioni è l’edificio? Abbiamo provato a fare un paio di foto, quel che siamo riusciti a vedere sono stati alcuni gatti. Ecco, il palazzo, vincolato dalla Soprintendenza per l'alto valore artistico e storico, a qualcosa serve. Ma andiamo oltre: sul lato destro della facciata possiamo ammirare il giardino che fiancheggia il palazzo. Lì, tra un cumulo di pietre da cantiere dimenticate in terra, c’è ancora un tavolo di plastica. Chissà che non sia lo stesso su cui il sindaco Emilio Bonifazi poggiò i gomiti durante la conferenza stampa dell’aprile 2011 quando, in piena campagna elettorale, ribadì il suo piano: nuova biblioteca alla cittadella dello studente, università al Mensini e centro degli Etruschi in piazza Barzanti. Prospettive. Oggi è chiaro che lì né l’università (o quel che ne resta), né il centro degli Etruschi ci andranno mai, sono stati spesi fior di quattrini e tanti vengono ancora gettati al vento con l’affitto dei locali in via Bulgaria (molte decine di migliaia di euro all’anno e per molti anni, ndc) ma ancora non è dato sapere cosa il Comune voglia fare. «Abbiamo chiesto a Regione, Stato e Comunità europea fondi straordinari di finanziamento per riuscire a ridare a quella struttura una funzione centrale e culturalmente importante» ha detto di recente Bonifazi. Ma è politichese. Lo stesso sindaco infatti nel febbraio 2011 diceva: «Il progetto di portarla alla Cittadella dello studente sarà terminato nel giro di tre anni». Peccato che la Provincia, proprietaria del terreno su cui doveva essere edificata la «nuova» Chelliana, non sia in condizione di assicurare quasi nulla e poi, come ribadito dallo stesso Bonifazi «la situazione finanziaria si è complicata». Attenzione però al colpo di scena: per mettere a nuovo il Mensini «Si è passati da un preventivo di 2 milioni e 200 mila euro di spesa a quattro milioni. Da parte mia non ho mai escluso di poter riportare in via Mazzini la biblioteca. Ho invece sempre espresso forti perplessità sui denari da sborsare» ha esclamato di recente ancora una volta il primo cittadino. Stai a vedere che alla fine l’unica strada percorribile sia quella iniziale. Fosse così, chi lo spiega ai grossetani il balletto pluriennale che ha accompagnato il Mensini lungo 18 anni? Roba da mal di testa.



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