SICILIA - il vessillo regalato da catania LA SICILIA Venerdì 03 Maggio 2013
La direttrice del Museo di Stato di Napoli, Imma Arcione, ha reclamato, dopo 34 anni, la restituzione del vessillo regalato, l'11 febbraio 1849, da Catania ad Acireale in segno di gratitudine per l'aiuto datole durante la rivoluzione del '48. Il bellissimo lavoro, ricamato in oro e argento su raso, reca, sul davanti, la scritta "Ad Aci la sorella Catania - 1848", la civetta, cara a Minerva, e due corone intrecciate, una di alloro, una di quercia, e, nella parte posteriore, la bandiera siciliana. Il dono, accompagnato da una spada dall'elsa d'oro, opera di Emanuele Puglisi, era esplicita metafora dell'impegno assunto da Catania e Acireale di versare il proprio sangue e, dunque, di spendersi per la città sorella. Altrove, i reperti perderebbero di significato. Qui coniugano il valore intrepido dei catanesi con la cultura degli acesi. La rivoluzione del ‘48 venne stroncata dalle truppe del Filangieri, che requisì bandiera e spada e le portò a Napoli. Con la caduta dei Borboni, i due preziosi cimeli presero vie diverse e, per anni, risultò vana ogni loro ricerca, condotta da Lionardo Vigo. Solo nel 1861 il poeta acese ottenne la restituzione della spada, ma non quella della bandiera e dell'asta in argento che la sosteneva, pur autorizzata da Vittorio Emanuele II, perché, si disse, erano andate distrutte. La storia riprende nel 1972, quando il dott. Gaetano Gravagno, bibliotecario della Zelantea, sfogliando "Storia d'Italia" dei Fratelli Fabbri, trovò a pag. 2.388, la foto del vessillo con la didascalia "Bandiera dei rivoltosi siciliani. Archivio di Stato - Napoli". E qui entrano in scena da una parte il prof. Cristoforo Cosentini, presidente della Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, col sindaco di Acireale, Rosario Leonardi; dall'altra, la direttrice dell'Archivio di Stato, Jolanda Donsì, che, considerando il vessillo bene demaniale, non volle restituirlo, disconoscendo persino la disposizione del Ministro Mario Pedini e costringendolo a ordinarle "la cessione della bandiera al Comune di Acireale per la durata di sei mesi". Il 4 luglio 1977, fu sottoscritta una convenzione dall'agguerrita dirigente e dal sindaco di Acireale, accompagnato dal prof. Cosentini. Al termine dei sei mesi, il vessillo non venne restituito. Su richiesta del sindaco, appoggiata dal sen. Scelba, il Ministro chiese il parere del Consiglio nazionale per i Beni Culturali, il quale, all'unanimità, espresse parere favorevole in favore di Acireale. Venne redatta una seconda convenzione il 26 novembre 1979, sottoscritta dal Comune e dal direttore dell'Archivio, prof. Catelmo Salvati. La vicenda era chiusa. Verosimilmente, la dott. Arcione ignora l'accordo del 1979. Quando ne prenderà atto, cambierà opinione. La lettera della direttrice riapre, tuttavia, una dimenticata vertenza. Con nota autografa in calce alla prima convenzione, il sindaco Leonardi aveva fatto riserva "di richiedere il puntale d'argento lavorato da Emanuele Puglisi, che formava tutt'uno con il vessillo e che trovasi depositato nello stesso Archivio" (cfr. Inventario Arch. Borbone, vol. 1, pag. 242, nota 173). La richiesta, disattesa perché la restituzione era provvisoria, venne dimenticata. Oggi non c'è alcun motivo per lasciare a Napoli il puntale, realizzato per la bandiera esposta alla Biblioteca Zelantea. Ad Acireale aspettano, dunque, che la direttrice Arcione dia attuazione alla disposizione ministeriale. Giuseppe Contarino
03/05/2013
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