Napoli, San Carlo. Bisogna cogliere le opportunità della Valore Cultura Enrico Nuzzo* Corriere del Mezzogiorno 14/1/2014
* Enrico Nuzzo Già ordinario di Diritto tributario Università Federico II
Il San Carlo necessita di risorse, questa è la percezione scontata degli ultimi giorni. Risorse per consentire una gestione, tendenzialmente ordinata, di un «pezzo» della città. Pezzo notevole per valore simbolico, storia, tradizione e cultura. Apprezzabile, perciò, la condotta di chiunque mostri di averne a cuore i destini, facendosi carico dei problemi sul tavolo. Viviamo momenti difficili. La penuria di danaro, a tutti i livelli di governo, è denuncia quotidiana. Le soluzioni ai problemi di interesse generale, rispetto ai quali rischia di entrare in fibrillazione la stessa coesione sociale, sembrano dipendere dalle difficoltà enormi che si incontrano anche nel reperire «spiccioli» (la mini-Imu ne è un esempio). In un contesto di tal fatta, non pare saggio voltare le spalle a misure (Decreto Cultura) che, certo, impongono rigore gestionale ma che hanno il pregio di fornire, almeno in parte, mezzi immediatamente disponibili e, per ciò stesso, capaci di dare avvio a un processo virtuoso di ristrutturazione del teatro, spingendolo verso approdi sicuri. Il San Carlo è anche impresa. E, come ogni impresa, vive di debiti da onorare (e non sembrano pochi), di costi quotidiani da sopportare, di dipendenti a cui corrispondere il salario, di risorse — brutalmente danaro — da reperire, in un mercato sempre più difficile e restio a concedere prestiti, specie se le fonti di rientro, nella misura e nella scadenza, non conferiscono certezza a chi fa credito (banche, eccetera). Per queste ragioni il progetto alternativo di riorganizzazione del teatro nel suo complesso, secondo modalità differenti a quelle previste dalla legge, col conferimento di immobili (20/40 milioni) sembra quantomeno dilatare e spostare avanti e in un tempo indeterminato l'avvio di un percorso virtuoso. Il conferimento di immobili, pur se disponibili (ma così non pare), non è da subito idoneo a far dare avvio a programmi di riorganizzazione né, tantomeno, di risanamento del teatro, proprio perché non crea la disponibilità di liquidità spendibile e immediatamente utilizzabile nel quadro di un progetto razionale di ristrutturazione dell'ente, che pure deve essere assicurato. Crisi di mercato, disattenzione, ma meglio si direbbe, il disinteresse del comparto creditizio nei confronti del mattone, dei tempi e delle complessità di delibere di finanziamento su garanzie immobiliari, ammesso che si riesca a vincere la diffidenza del mercato del credito verso il settore, rendono l'ipotesi alternativa al «Decreto Cultura», non agevolmente praticabile. Perciò danari freschi e non cespiti immobiliari. Si metta in «sicurezza» il San Carlo. Si colgano le opportunità che la legge offre e, con esse, l'immediato accesso a risorse disponibili, pur se a costo di qualche sacrificio, «ingoiando» la pillola del rigore. Nessuno può impedire, a processo avviato, di innestare su programmi coerenti col «Decreto Cultura» altri diversi, da definire non necessariamente in funzione alternativa ad essi, quanto, piuttosto, in sinergia con quel che, da subito, si può realizzare. I benefici rivenienti dal conferimento di immobili, in mutate condizioni di mercato, non prevedibile nel breve, possono anche costituire un non secondario volano da investire in progetti capaci di far ulteriormente accrescere la già notevole e indiscussa autorevolezza e risonanza del tempio della lirica napoletana. In futuro, però, non nell'immediato, sotto l'incalzare dei problemi che la penuria di risorse denuncia.
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