Giovanna Melandri: una bocciatura per Urbani Stefano Miliani KwArt News, 15/10/2002
L’ex ministro per i Beni culturali giudica il parere del Consiglio di Stato ‘una sconfitta per le politiche sui beni culturali del governo’ ROMA - Giovanna Melandri, ex ministro per i Beni e le attività culturali, deputata Ds, non ha dubbi: a suo giudizio “è una vera e propria bocciatura della politica culturale del ministro Urbani” il parere negativo del Consiglio di Stato al regolamento di attuazione dell’articolo 10 che di fatto paralizza l’articolo 33 della scorsa Finanziaria, quello sulla valorizzazione dei beni culturali dove si prevedeva di creare società miste con privati per la gestione dei musei. Come valuta il parere dell’organo statale? Prima di tutto vorrei fare un ragionamento generale. Non c’è interlocutore istituzionale che, da un anno a questa parte, non abbia sottolineato gli errori dell’attuale gestione dei beni culturali. Ci sono stati i giudizi del Consiglio nazionale dei beni culturali, perfino quello del Presidente della Repubblica con il richiamo sulla Patrimonio Spa, le associazioni di tutela hanno fatto un fronte comune contro le politiche culturali di questo governo e noi all’opposizione diciamo che sbagliano. Ora c’è questo atto del Consiglio di Stato sul regolamento: quel regolamento che era già stato contestato duramente da un’opinione pubblica avvertita in Italia e anche all’estero. E quindi? La bocciatura del Consiglio di Stato boccia Urbani e le sue idee perché quel provvedimento era un po’ l’asse strategico della politica del governo in materia. Ma non solo era sbagliato, non teneva nemmeno conto della legislazione vigente. Il ministro continua a fare brutte figure. Dimostra di non sapere che il nuovo titolo V della Costituzione è in vigore. Ora, se vuole insistere su questa strada, deve presentare un disegno di legge che fissi i principi fondamentali. Tecnicamente si tratta proprio di una bocciatura? Lo è. Il parere è di estrema chiarezza e durezza, comporta l’azzeramento dell’articolo 33 della scorsa Finanziaria. Ripeto: se il ministero insiste su questa strada, per noi errata, deve predisporre un testo di legge, non solo un regolamento. Sto ai fatti: a luglio il Consiglio ha espresso perplessità, il 26 agosto ha definitivamente deciso di non dare parere favorevole e quindi ha bocciato lo schema perché il Regolamento non è lo strumento idoneo. Immaginavo che avremmo visto una norma al riguardo nella nuova Legge finanziaria di quest’anno, ma non se ne vede traccia. Perciò mi auguro che abbiano cambiato idea. Certo sarebbe una sconfitta cocente per Urbani, il suo unico punto descritto con chiarezza è stato paralizzato, però una sarebbe scelta saggia per evitare ulteriori danni. Oltre tutto non c’è solo un problema aperto sul rapporto tra pubblico e privato, c’è anche sul partnerariato tra Stato centrale e le Regioni. L’articolo 33 non solo era una pericolosa fuga in avanti, per me propagandistica, nei confronti dei privati (i musei non sono aziende per fare soldi, il loro utile è la cultura): era una fuga in avanti anche rispetto all’ordinamento giuridico. Inoltre non c’è privato al mondo a cui si possa affidare gestione di un museo secondo i criteri del ministro, che aveva distinto tra gestione e tutela come se fosse possibile separarle. Siamo al buio assoluto. Dopo un anno e mezzo possiamo dirlo. Senza contare la paralisi dei cantieri di restauro, le minori risorse ai beni culturali. Il quadro è molto fosco.
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