ELBA - Ipogeo, ancora polemiche: "La Soprintendenza sbaglia" IL TIRRENO 03 dicembre 2014
L'associazione Ilva contesta l'ente che ha smontato l'ipotesi di un'antica tomba etrusca nel complesso della Zecca di Marciana
MARCIANA. «Dalla Soprintendenza un parere riduzionista sull’ipogeo di Marciana». L’associazione culturale “Ilva - Isola d’Elba” rende note le osservazioni inviate alla Soprintendenza dei beni archeologici della Toscane, in seguito al recente sopralluogo compiuto al complesso della Zecca di Marciana. I tecnici della Soprintendenza hanno smontato l’ipotesi, avanzata dai professori Michelangelo Zecchini e Giuseppe Centauro, secondo cui l’ipogeo marcianese sarebbe stato una tomba etrusca. Ma le motivazioni dell’ente non hanno convitno l’associazione. E il monumento simbolo di Marciana, che ospita il museo della Zecca, continua a far discutere.
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«Questa associazione – scrivono dall’associazione Ilva – confortata e dalla tipologia architettonica (tipica planimetria tricellulare) e dal fatto che il Catasto Leopoldino del 1840 qualifica tutta l’area circostante come ‘La Tomba’ e la strada soprastante come ‘Via della Tomba’ – è convinta che nell’ipogeo marcianese debba essere ravvisata una straordinaria tomba etrusca gentilizia». Una ricostruzione che, tuttavia, non ha acceso l’entusiamsmo, almeno a leggere il parere di competenza, della Soprintendenza. «Il parere – si legge nelle osservazioni dell’associazione Ilva – al contrario, è connotato in ogni sua parte da forme più o meno accentuate di riduzionismo sotto il profilo della valenza storico-archeologica del manufatto, e non può non suscitare una serie di profonde perplessità».
L’interno della zecca degli... L’interno della zecca degli Appiani a Marciana
Tra i dubbi sollevati dall’associazione vi è l’interpretazione della Soprintendenza secondo cui l’ipogeo marcianese sarebbe “un manufatto a servizio della comunità stessa, quale potrebbe essere un neviere o una cisterna”. «Tale ipotesi - ribattono dall’associazione – rimane isolata e sospesa, senza nessuna valutazione supplementare, senza alcun confronto che possa in qualche modo corroborarne la bontà. Si tratta di un’impostazione metodologica che ci rifiutiamo di accettare». Dopo aver fatto notare polemicamente che il termine “neviere” usato dalla Soprintendenza è sbagliato («si dice neviera») l’associazione fa presente che quel tipo di manufatti, in qualsiasi regione italiana, «sono completamente differenti, quanto a pianta e concezione, dall’ipogeo marcianese». «Ma per definire che l’ipogeo non è una neviera, è sufficiente qualche domanda retorica: in un cunicolo del genere, privo di aperture tranne la porta del dromos, in che modo sarebbe stata smaltita l’acqua di risulta? – si chiedono dall’associazione – che senso avrebbero, in un contenitore di neve e ghiaccio, le fitte incisioni che ne decorano le pareti?. Ma si può dire di più: due fra le maggiori studiose italiane di neviere hanno nettamente respinto, com’era largamente prevedibile, l’ipotesi».
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Argomentazioni simili, secondo l’associazione Ilva, portano a escludere che nell’ipogeo possa ravvisarsi una cisterna. «La Soprintendenza, anche in questo caso, si esprime in modo estremamente sintetico: cisterna e basta – aggiungono dall’Ilva – senza fornire alcuna spiegazione su che cosa essa avrebbe dovuto contenere e senza chiarire perché mai per costruire un semplice contenitore si sia fatto ricorso all’escavazione di almeno 500 tonnellate di dura roccia granitica».
La Soprintendenza afferma testualmente che la pianta dell’ipogeo si avvicina “anche se solo in parte, a quella di una tomba etrusca (cfr. ad la tomba Regolini Galassi di Cerveteri)”. «Anche su questo non si può acconsentire – attaccano dall’associazione – in quanto la pianta e le caratteristiche tipologiche della Regolini Galassi sono del tutto diverse. Se proprio si vuole rimanere in ambito ceretano, si fa presente che, se si prende in considerazione la planimetria del primo segmento (dromos più due celle trasversali) del sepolcro Mengarelli, si ha la copia quasi esatta della pianta della tomba sotterranea elbana. Planimetrie a croce caratterizzano non poche tombe toscane e laziali. È sufficiente citare quella della tomba orientale del tumulo di Montecalvario a Castellina in Chianti». L’associazione chiude sollecitando la Soprintendenza na intervenire quanto prima per «fermare il degrado del monumento e ad evitare la dissoluzione delle migliaia di incisioni parietali che si stanno trasformando in sabbia».
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