NAPOLI - La nomina di Osanna e l'autonomia dell'Ateneo PASQUALE BELFIORE 06 gennaio 2016 LA REPUBBLICA
IL RENZISMO suscita in genere irritazione, l'antirenzismo per partito preso procura invece perplessità se a praticarlo sono personalità aduse al ragionamento.
Ieri Tomaso Montanari precisava nella pagina dei commenti di "Repubblica Napoli" i motivi del suo dissenso dalla procedura d'urgenza adottata per la chiamata di Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, a professore ordinario di Archeologia all'università Federico II.
Nella sua posizione, espressa come sempre con prosa chiara e con contenuti inequivocabili, si intravedono però questa volta due elementi di contraddizione.
Primo. Si dice contrario alla fretta con la quale Osanna è stato chiamato perché il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta usando politicamente i provvisori successi di Pompei e dello stesso Osanna dopo i disastri passati.
Successi, aggiunge, che coprono i molti errori che costellano la sua politica.
E allora? Cosa dovrebbe fare un presidente del Consiglio che si trova per le mani una provvidenziale risorsa di positiva propaganda politica cui ha concorso, peraltro, lo stesso Montanari che, con Salvatore Settis, hanno segnalato Osanna come soprintendente a Pompei? Tacere? Parlarne comunque male anche contro l'evidenza?
Appare singolare il ragionamento in base al quale non si può dir bene d'una cosa oggettivamente riuscita perché questo potrebbe far dimenticare errori e insuccessi (che, rassicuriamo Montanari, sono ben presenti anche a chi non è antirenziano per partito preso).
Secondo. «Irrevocabili decisioni calate dall'alto e comunicate a cose fatte», scrive Montanari sempre a proposito della chiamata di Osanna.
E qui le cose sono un po' più delicate. Chi è in realtà questo "alto" capace, non di condizionare ma di imporre addirittura a un organismo universitario una decisione che rischia di «essere letta più come un atto politico-mediatico che non come una decisione scientifica e accademica»?
È un "alto" politico o accademico?
Forse più il secondo, se nella chiusura Montanari si affretta a manifestare tutta la sua fiducia nel «grande lavoro che il rettore Gaetano Manfredi sta facendo per l'ateneo e per la città».
Ambiguo attestato di stima.
Se il rettore è coinvolto, l'alto di cui si parla è a Napoli e non a Roma e Renzi resta comunque sullo sfondo.
Se non è coinvolto, improvvida la sua citazione perché rischia di dar corpo al classico "excusatio non petita accusatio manifesta".
L'università resta organismo democratico e non c'è presidente del Consiglio dei ministri o rettore che possa imporre una decisione o esautorare un Consiglio di Dipartimento.
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