Venezia. L’appello di Italia nostra «Il sindaco copi Firenze, stop a minimarket e kebab» Elisa Lorenzini Corriere del Veneto 20/1/2016
VENEZIA. Fast food, «kebabbari», souvenir a 1 euro in centro storico e phone center e asiamarket in terraferma. Negli ultimi anni il panorama commerciale veneziano è drasticamente mutato a discapito delle attività tradizionali, con un proliferare di negozi etichettati come «indecorosi». Un problema che riguarda diverse città d’arte e che finora non ha trovato risposta dal punto di vista normativo. Ma il vento sta cambiando. Ed ecco che Firenze, prima città italiana, mette al bando questi negozi con un nuovo regolamento Unesco, che si appoggia ad alcune norme come il codice dei Beni Culturali, che prevede per i minimarket una superficie minima di 40 metri quadrati e una toilette di cortesia anche per disabili, o per i negozi di kebab il divieto di vendere prodotti surgelati. A Italia Nostra Venezia il provvedimento è piaciuto e ora si guarda con interesse ai vicini fiorentini, sperando in una normativa simile anche per Venezia. «A noi veneziani queste regole interessano moltissimo, perché dimostrano che opporsi alla totale liberalizzazione è possibile – dice l’associazione – Il nostro sindaco Brugnaro, assessore anche alla cultura, ne è al corrente? I consiglieri comunali possono chiedere un intervento? O noi veneziani dobbiamo convivere con la trasformazione di calli e campi in centri di vendita di maschere, borse di finta pelle e oggettini di finto vetro di Murano?». L’amministrazione comunale veneziana, in realtà, al momento non sta valutando interventi sulla scia di quelli fiorentini. La Municipalità di Venezia è piuttosto scettica. «È vero che certe categorie di esercizi commerciali sono dequalificanti, ma con una normativa come quella fiorentina si rischia di tirare nella rete anche negozi buoni – interviene il presidente Giovanni Martini – per esempio a Venezia ci sono kebabbari validi, che svolgono un buon servizio, e altri fonte di degrado. Sono contrario a una normativa del genere se annulla l’intera rete». Martini è d’accordo sulla necessità di fermare i negozi di souvenir a 1 euro. «Ma questa non mi sembra una norma capace di individuare i negozi in base alla tipologia di articoli - continua - Il tema deve essere l’unicità, la specificità di Venezia per salvaguardare il suo artigianato di qualità». Guarda con favore ma anche con cautela al regolamento di Palazzo Vecchio il direttore di Confesercenti Venezia Maurizio Franceschi: «Tutto quello che la normativa consente per evitare il degrado dove ancora non c’è e riqualificare le zone in cui invece c’è come via Piave, via Cappuccina e Venezia centro è positivo», spiega. «I sindaci dovrebbero intervenire con politiche attive e con provvedimenti limitativi ma ben ragionati, per evitare ricorsi al Tar», aggiunge il direttore. Per Franceschi è necessario capire bene che cosa le norme permettano di fare e in quale misura e che cosa si intenda per degrado. Per il presidente di Ascom Venezia Roberto Magliocco, invece, la ricetta è promuovere un turismo di fascia alta e porre incentivi ai negozi di qualità. «Il provvedimento di Firenze è positivo se non è repressivo – spiega il presidente – va bene disincentivare i locali per le scommesse, penalizzare i bar con le slot, ma vanno agevolati i negozi di qualità attraverso una riforma dei contratti di affitto troppo cari nelle città d’arte, ad esempio introducendo la cedolare secca». |