Venezia. Museo dell’Islam addio: meglio la Serenissima Fabio Bozzato Corriere del Veneto 19/3/2016
Due anni fa l’annuncio: Venezia avrà un museo di arte e cultura islamica, a Palazzetto delle Pescherie. Ora si scopre che quel museo non si farà più e che invece riguarderà la storia della Serenissima.
La direttrice del polo museale, Gabriella Belli: «Un hub per raccontare la storia della Serenissima»
VENEZIA. Due anni fa l’annuncio era stato solenne, facendo il giro del mondo: Venezia avrà un museo di arte e cultura islamica. A parlarne era stato addirittura il premier di allora, Enrico Letta, da Doha. Il sindaco, un (allora) raggiante Giorgio Orsoni, individuava la sede nel cuore di Rialto: il Palazzetto delle Pescherie.
Di cose ne sono successe nel frattempo e quel museo non si farà più. Se si farà qualcosa in quel luogo magnifico sul Canal Grande, riguarderà la storia della Serenissima. L’idea è stata tracciata ieri sulle pagine del Corriere della Sera da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici che del Palazzetto ha la gestione.
«Non l’ennesimo museo - ha raccontato la manager - bensì qualcosa di nuovo, un crocevia culturale capace di orientare, di raccontare l’anima profonda di questa straordinaria città. Un luogo dove un visitatore possa scoprire la Venezia nascosta, il suo sapere, il suo artigianato, le sue grandi stagioni artistiche, la sua creatività, i suoi commerci, il suo rapporto con il mare e quello con la terraferma. Un luogo, insomma, che spieghi il mito di Venezia, un luogo che sia la prima tappa, quasi obbligatoria, di una visita».
Raggiunta telefonicamente a Parigi dove ieri ha inaugurato la mostra su Henri Rousseau al Musée d’Orsay, dopo il successo a Palazzo Ducale, Gabriella Belli spiega che sulle Pescherie c’è «solo ancora un’idea che sottoporremo presto al consiglio di amministrazione e al sindaco, che peraltro si sta dimostrando molto attento alle strutture destinate alle attività culturali».
Dunque, cosa sarà? «L’idea è di avere una porta, un hub di conoscenza sulla città. Gran parte dei visitatori arriva senza sapere davvero cosa sia Venezia. Una volta entrati da qui avranno più consapevolezza su cosa concentrarsi: dal contemporaneo al tessuto, dal vetro al Ducale, e così via».
Lo conferma anche Maria Cristina Gribaudi, la presidente della Fondazione: «Sì, vorremmo intercettare un nuovo pubblico, più giovane, curioso e consapevole».
Se questo è il nuovo progetto, resta il dubbio sul perché sia tramontata quell’idea sull’Islam. E se invece di aprirsi al mondo la città preferisca per l’ennesima volta parlare di sè. «Non è questa l’intenzione. Anzi, non pensiamo a un’operazione didattica ma a qualcosa di più visionario - assicura la Gribaudi -. E capace di raccontare la trama di incroci di cui è fatta questa città: greci ed ebrei, arabi e tedeschi, turchi e armeni». Per Gribaudi, «può rappresentare il cuore internazionale della città dove si racconta quella storia strepitosa di saper andare nel mondo e tornare».
Certo, l’idea di dotare Venezia di una porta sull’Islam aveva ricevuto una bordata di critiche. Un comitato internazionale ci stava lavorando da fine 2013, guidato da Alessandro Goppion, imprenditore famoso per le teche e le installazioni dedicate all’arte islamica, dal Louvre al Cairo. La sponda, soprattutto in termini di denaro, doveva venire dagli emiri del Golfo con cui c’erano stati incontri e abboccamenti sembra proficui. Prima che la scelta cadesse sulle Pescherie, a Goppion erano stati mostrati anche altri spazi, dall’Arsenale alla Misericordia, quest’ultima in concessione alla Reyer di Luigi Brugnaro che il destino elettorale ha portato l’anno scorso alla carica di primo cittadino.
Sul museo di arte islamica non sembra essersi mai espresso il nuovo sindaco, ma di sicuro ne ha fatto riferimento quando sono infuriate le polemiche sulla chiesa-moschea dell’artista svizzero Christoph Büchel durante la Biennale d’arte scorsa. Un progetto che certo non garbava all’allora candidato Brugnaro: «A Venezia siamo alla svendita e all’anarchia. E questo fatto mi dice che ho fatto bene a dire di no quando dal Comune mi dicevano di dare la Misericordia agli arabi». Così se n’era uscito.
Insomma, cambiato lo scenario politico, con il Medio Oriente a ferro e a fuoco e gli Emiri in austerità, già in estate il progetto era tramontato. E così si è pensato di ritornare alla Serenissima.
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