Centri storici, serve uno shock Massimo Tedeschi Corriere della Sera - Brescia 17/4/2016
C’è un fantasma che si aggira nei nostri centri storici. Più nei paesi che nel capoluogo. Più nella Bassa e nelle Valli che sui laghi. Un fantasma che corrode infissi, svelle pluviali, scrosta i muri, fende i tetti. È il fantasma dell’abbandono, della decadenza. Basta passeggiare con occhio attento nei centri storici di tanti comuni bresciani per leggere i segni di questa decadenza: troppo diffusi per essere accidentali, troppo concordi per essere fortuiti. I centri storici decadono sotto i colpi dei nuovi stili di vita: il posto-auto multiplo è esigenza prioritaria, la comodità di carico e scarico merci altrettanto, il verde privato non è da meno. I centri storici lesinano questi beni, di cui strutturalmente non dispongono. La decadenza è figlia della crisi edilizia e della sovra-offerta residenziale: i prezzi degli immobili calano, occasioni ghiotte si trovano fra i nuovi edifici, onerose ristrutturazioni finiscono facilmente fuori mercato. Il declino dei centri storici è figlio anche della demografia: vecchi proprietari si spengono, le proprietà si frazionano e si stratificano, le nuove generazioni hanno per orizzonte il mondo e non più il cortile domestico. L’abbandono è figlio naturale delle politiche dei governi locali, che hanno avuto nell’edilizia privata la propria linea privilegiata di finanziamento e non si rassegnano alla sua estinzione, lasciando invariate norme e oneri pensati per un’altra era, un’altra economia. Il Comune di Brescia è stato in passato un modello interessante e studiato: il Piano-Carmine dell’assessore Venturini ha contribuito a risanare decine di palazzi, con un mix di minacce e incentivi. Si tratta però di uno strumento difficilmente replicabile, adatto a spronare una grande proprietà immobiliare inerte e distratta, non a risolvere i problemi di una galassia di piccoli proprietari (piccoli per censo e proprietari per eredità). Recentemente, insieme al nuovo Pgt, la Loggia ha varato una significativa calmierazione degli oneri di urbanizzazione per le ristrutturazioni: atto significativo, di cui sarà presto possibile monitorare gli effetti, senza dimenticare però che nulla è stato lenito quanto agli oneri per i costi di costruzione e per gli standard legati a cambiamenti di destinazioni d’uso. Ma il discorso dalla città andrebbe allargato a tutti i Comuni della provincia, dove poco si mette in campo per tentare di arginare questa decadenza. Una deriva su cui conviene alzare un accorato grido d’allarme sperando che l’azione solidale dei governi locali ponga finalmente questa emergenza fra le sue priorità, con misure capaci di produrre uno shock benefico. Prima che sia troppo tardi. |