ROMA-«Restaurare sott'acqua», un portale scientifico dell'Iscr Tina Lepri www.ilgiornaledellarte.com, 28/04/2016
In rete le storie dei ritrovamenti eccellenti dell'archeologia subacquea e della loro conservazione Un archeologo subacqueo al lavoro
La vita subacquea dei reperti archeologici. Per conoscere le storie dei ritrovamenti eccellenti dell'archeologia subacquea e lo stato di conservazione di statue, marmi, sarcofagi, pavimenti musivi, antiche strutture riemersi dal mare e dai fondali nel corso del tempo, è nato www.marmisommersi.com il portale scientifico in italiano e inglese dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr).
Nel portale, parte del progetto «Restaurare sott’acqua» dell’Iscr finanziato dal Mibact, gli esperti raccontano le vite dei tanti tesori italiani riemersi dai fondali e tutte le fasi dei lavori: dalle cause biologiche che li hanno danneggiati, fino alla conservazione. Le storie, con schede scientifiche e notizie dettagliate, riguardano anche i restauri di importanti reperti restituiti ai musei dei territori di provenienza. Barbara Davidde, l’archeologa che dirige il nucleo di archeologia subacquea dell’Iscr sottolinea l’importanza dello studio indirizzato a scoprire le cause del degrado dei manufatti; per questo lavorano in stretta collaborazione con la sezione di Biologia Marina dell’istituto. Grazie al lavoro congiunto delle équipe oggi gli esperti hanno a disposizione una classificazione di tutti gli organismi marini più pericolosi per la conservazione della pietra, del marmo e del calcare. Sono l’alga verde endolitica (Acetabularia acetabulum) il cianobatterio perforante (Plectonema terebrans) la rara spugna calcarea (Petrobiona massiliana) e tanti altri studiati e classificati da Sandra Ricci, responsabile della sezione di Biologia Marina dell’Iscr.
L’istituto è impegnato in molte campagne di restauro dei siti sommersi. In particolare i tecnici stanno operando a Torre Astura, a Nettuno per restaurare le peschiere di una villa romana e a Baia, dove sono riemersi i manufatti ora esposti al Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Il lavoro riguarda anche i reperti conservati in situ nell’Area Marina protetta del Parco Sommerso di Baia, oltre ai resti rinvenuti al largo di San Pietro in Bevagna a Taranto.
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