ROMA-I caschi blu italiani della cultura pronti per Palmira Flavia Amabile Stampa, 29/04/2016
Terminato a Roma il training dei primi trentuno esperti da impiegare nelle aree colpite da guerre o catastrofi per recuperare il patrimonio archeologico e artistico
Da oggi l’Italia è pronta. 31 caschi blu sono stati formati e sono in condizioni di partire. Possono andare a Palmira dove ora che l’Isis si è ritirata bisogna recuperare i templi abbattuti, le torri romane fatte esplodere, l’arco di trionfo polverizzato. E possono andare ovunque sarà richiesto il loro intervento. Sono i primi al mondo a potersi definire ufficialmente caschi blu, sono in 31 tra architetti, storici dell’arte, restauratori, archeologi e carabinieri esperti. Sono tutti professionisti nel loro settore di competenza ma tutti volontari: nessuno offrirà loro promozioni o aumenti di stipendio per aver accettato di mettersi a disposizione in caso di bisogno. E nessuno dovrà vedere i loro volti e conoscere i loro nomi. «Devono operare in situazioni particolari, bisogna evitare che diventino oggetto di rappresaglie», avverte il generale di brigata Mariano Mossa, comandante del Nucleo dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. I primi magnifici 31 sono stati selezionati tra i principali esperti tecnico-scientifici degli istituti centrali del ministero dei Beni Culturali e i migliori elementi dei carabinieri che si occupano di Tutela del Patrimonio. In base all’intesa firmata a febbraio con l’Unesco si tratta di una task-force che dovrà intervenire nelle aree di crisi per la tutela della cultura o dell’arte danneggiati o a rischio per effetto di terremoti, guerre e calamità di ogni tipo. Non bastava quindi l’esperienza che molti hanno già maturato. C’è chi è stato in Afghanistan, chi in Nepal, chi in Abruzzo e Emilia per recuperare il patrimonio. Per la prima volta gli esperti degli istituti centrali del ministero sono stati selezionati e formati. Dopo aver inviato la loro candidatura, hanno superato visite mediche, quindi hanno innanzitutto frequentato quattro giorni di addestramento a Livorno, un corso curato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con i carabinieri del Tuscania. I più fini conoscitori delle tecniche di restauro di preziosi libri antichi o di affreschi hanno imparato le procedure di primo soccorso, come pianificare e affrontare viaggi in sicurezza, come comportarsi in caso di rapimento. «E’ stato molto utile - racconta uno di loro, un architetto che è stato in passato a lungo in Afghanistan e Nepal - Anche se abbiamo esperienza di luoghi difficili ora sappiamo di dover prestare attenzione ad alcuni dettagli che potrebbero sembrare insignificanti e invece non lo sono». Da tre giorni sono in una caserma dei carabinieri a Trastevere, a Roma, per seguire l’ultimo corso. «È il primo corso di qualificazione “Unite For Heritage” al mondo - spiega il generale Mossa - al termine saranno i primi a poter essere definiti caschi blu». Carabinieri e esperti del Mibact stanno studiando insieme le leggi, le convenzioni e il contesto internazionale in cui dovranno operare. Il corso termina oggi con la consegna degli attestati. A questo punto l’Italia è pronta, il prossimo passo spetta all’Unesco con la stesura definitiva del protocollo e delle regole d’ingaggio, quindi con la richiesta d’intervento in una località del mondo e la formazione del gruppo in base al tipo di operazione da effettuare. Ultimo passaggio prima della partenza: una formazione di alcuni giorni per amalgamare la squadra. «L’Italia si pone come un modello in questo campo», avverte il generale Mossa. Nessuno finora ha attivato una task force di questo tipo. A Bruxelles dieci giorni fa l'idea lanciata un anno fa dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha avuto i complimenti del commissario europeo per l’Istruzione e la cultura, Tibor Navracsics, con l’augurio che «altri si aggiungano» agli uomini messi a disposizione dal governo italiano. Difficile dire che cosa faranno gli altri Stati. Per l’Italia però questo è solo l’inizio, assicura Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del Mibact. «I 31 esperti che sono stati formati a questo punto sono le persone più pronte e adatte ad intervenire. Ma nulla esclude un ampliamento del gruppo di esperti». Le richieste non mancano, a dispetto della volontarietà dell’incarico. «Chi si occupa di beni culturali per l’amministrazione pubblica non lo fa per soldi, non è un lavoro in cui ci si arricchisce - spiega uno dei magnifici 31 -. È un settore in cui prevalgono la passione e lo spirito di servizio nei confronti di una comunità, la soddisfazione di sapere di aver contribuito a ricreare l’identità culturale di un popolo colpito da una calamità». |