LA PERICOLOSA LEGGE SUI CENTRI STORICI TERESA CANNAROZZO 08 giugno 2016 la repubblica
La Regione Siciliana ha manifestato nel tempo un interesse sistematico nei confronti del recupero dei centri storici, documentato da una serie di buone leggi speciali: quella per il recupero dei centri storici di Siracusa e Agrigento; quella per il recupero di Ragusa Ibla, quelle per il recupero del centro storico di Palermo che hanno canalizzato ingenti somme per gli interventi pubblici e privati con buoni risultati.Per tutti gli altri centri storici l'attività urbanistica ed edilizia è stata a lungo regolata dalle disposizioni della legge urbanistica regionale, la numero 71 del 1978 e dalla circolare 3/2000, redatta con la collaborazione dell'Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici.
Provvedimento che ha introdotto la variante generale per il recupero dei centri storici al posto del piano particolareggiato, costa 1/10, ed è stato utilizzato con successo da una cinquantina di comuni.
Non ci aspettavamo quindi la presentazione in aula nella primavera del 2015 di un disegno di legge per il recupero dei centri storici, che è sembrato totalmente ignaro di tale normativa e che ha destato molte perplessità. Il testo proposto dalla Commissione legislativa competente, nonostante i suggerimenti di studiosi ed esperti è arrivato in aula per l'approvazione finale il 10 marzo 2015 senza miglioramenti significativi.
A questo punto il presidente dell'Assemblea Regionale è stato sommerso da telegrammi, fax, comunicati di protesta che ne chiedevano il ritiro e molto opportunamente ha bloccato l'approvazione del disegno di legge rinviandolo in Commissione.
Nessuno poteva immaginare che dopo qualche mese, nella calura estiva, il disegno di legge sarebbe stato riportato in aula e repentinamente approvato il 7 luglio 2015. La cosa ha destato sconcerto e grande preoccupazione da parte di coloro che si sono impegnati nello studio dei centri storici allo scopo di immettere questi fragili e preziosi contesti nella contemporaneità senza alternarne i valori identitari e il ruolo di palinsensti della storia delle comunità.
La legge, che propone analisi e procedure molto discutibili e consente interventi di trasformazione radicale e incontrollata del patrimonio edilizio storico si propone di dare slancio all'attività edilizia invogliando i proprietari ad effettuare interventi diretti di ristrutturazione del patrimonio edilizio minore, superando le note "difficoltà di elaborazione ed approvazione dei piani particolareggiati" e consentendo invece interventi diretti sulle singole unità edilizie, con "norme semplificate anche con riferimento alle procedure" senza la predisposizione di alcun quadro urbanistico, nemmeno la variante di piano regolatore per il centro storico, precedentemente citata.
Siamo convinti anche che la legge non risulti per nulla efficace rispetto agli obiettivi che si propone di raggiungere, in quanto invoca sempre la necessità del parere della Soprintendenza (allungando i tempi di approvazione dei progetti) salvo che nel caso degli interventi di trasformazione più radicale.
La legge propone "la definizione delle tipologie edilizie nei centri storici" in maniera assolutamente semplicistica e arbitraria (articolo 2) senza capire che la definizione dei tipi edilizi fa parte di un processo conoscitivo che deve essere condotto per ogni singolo centro storico, a partire da una analisi storica della formazione e dell'evoluzione dell'insediamento incrociando fonti letterarie, fonti cartografiche, iconografiche e osservazioni sul campo.
In realtà l'articolo 2, attraverso la determinazione della "qualificazione" dell'"edilizia di base", che è quella che interessa veramente al legislatore, mira a determinarne lo stato di conservazione, a cui é connessa la modalità di intervento (articolo 4), senza rendersi conto che, come è noto, si può trovare patrimonio edilizio molto degradato, ma di grande valore storico e documentale. Per esempio, un rudere, che sembra un cumulo di pietre insignificanti, potrebbe essere un reperto archeologico di grande valore. Inoltre la locuzione "edilizia di base" chiarisce solo che stiamo parlando di patrimonio residenziale di piccola taglia e non a carattere monumentale, che costituisce il tessuto connettivo della struttura urbana. Ma all'interno di questa grande famiglia si può trovare edilizia di base molto diversificata a seconda dell'ampiezza del centro storico e delle maggiori o minori dinamiche di trasformazione del patrimonio edilizio in rapporto all'economia urbana o a seconda delle regole insediative di ogni centro storico dipendenti dall'area di influenza culturale (musulmana nella Sicilia occidentale e bizantina nella Sicilia orientale) dall'altimetria, dall'ubicazione e dalla dimensione dei lotti edificabili, dalle tradizioni costruttive e dai materiali da costruzione. Inoltre al legislatore interessa dare ai proprietari la possibilità di accorpare più unità edilizie per realizzare alloggi più confortevoli e adeguati alle esigenze dell'abitare contemporaneo, ma questo obiettivo, già raggiungibile con la legislazione pre-vigente, non può essere raggiunto se non si sa nulla sulle modalità di aggregazione delle unità edilizie. In conclusione, poichè questa legge presenta molte acclarate criticità, si propone al Presidente della Commissione legislativa competente di organizzare un tavolo tecnico formato dai deputati della Commissione, dagli ordini professionali interessati, dall' Università, dall'ANCSA, dall'INU e da altre sigle competenti, al fine di modificarne alcuni articoli, avendo come base di partenza i contenuti della circolare 3/2000.
L'autrice è componente del direttivo nazionale dell'Associazione nazionale dei centri storici artistici
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