Unesco. Quei 1007 siti tutelati tra diritti e doveri. Ecco come funziona Mo. Zi. Corriere del Veneto 16/7/2016
In principio fu la diga di Assuan in Egitto, la cui costruzione avrebbe inondato i templi di Abu Simbel. Nel 1959, su richiesta dei governi egiziano e sudanese, l’Unesco lanciò una campagna internazionale e con contributo di 50 paesi che riuscirono a racimolare la metà degli 80 milioni di dollari necessari a segare i templi in pezzi, smontarli e trasportarli fuori dall’area di inondazione.
Inizia lì la concreta mobilitazione per la conservazione del patrimonio internazionale dell’Umanità; oggi la convenzione è stata sottoscritta da 1007 siti tutelati e ce n’è una marea in fila per entrare nel novero. Neanche a dirlo, l’Italia è in testa con 51 luoghi tutelati dall’l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura che per la prima volta si riunì ma Londra in piena seconda guerra Mondiale, nel 1942.
L’atto costitutivo venne firmato tre anni dopo, ratificato da venti stati e l’Italia fu ammessa l’8 novembre del 1947. Significa che da allora ciascuno dei 51 siti del Paese ammette di cedere un pezzetto di sovranità sulla gestione del luogo tutelato perché, automaticamente, questo diventa un patrimonio del Mondo che può mettere bocca su come è gestito e se rispetta lo standard di trasmissione alle future generazioni della sua unicità.
La tassa da pagare è il Piano di Gestione del Sito Unesco, un progetto di tutela coerente con la vita attiva del luogo che alcune nazioni finanziano.
In cambio, però, è arrivata la mobilitazione mondiale dei privati che finanziano il World Heritage. Difficile calcolare quanto Venezia ci abbia guadagnato nel complicato calcolo del dare (tutela) e avere (fondi) e quanto l’impegno dello Stato con la Legge Speciale abbia assolto l’onere e l’onore del sito tutelato.
Il compito della Commissione è controllare che la città tenga fede al Piano di gestione come fosse una Costituzione alla quale rimettere ogni piano regolatore, progetto l’arrivo delle grandi navi, il raddoppio della pista dell’aeroporto del Marco Polo, pure lo Statuto della Città Metropolitana. Da qui il cartellino giallo arrivato da Instabul.
|