MILANO - Il maxi trasloco di aule e laboratori a Città Studi un futuro da inventare LUCA DE VITO ALESSIA GALLIONE 20 luglio 2016 LA REPUBBLICA
LA NASCITA di un campus tecnologico al posto dei padiglioni di Expo si incrocia con altre operazioni immobiliari in corso, producendo una reazione a catena che ha il suo epicentro lì, in una zona delicata per la presenza di un'altra università come il Politecnico e sempre più strategica. Per capirlo, basterebbe immaginarsi via Celoria e dintorni tra cinque anni. Allora, se tutto procederà nella direzione indicata, la Statale avrà liberato aule e laboratori che da soli coprono 250mila metri quadrati. Spazi che valgono oro, e che confinano con i 45mila metri quadrati di Besta e Istituto dei tumori: altri spazi vuoti, se medici e ricercatori prenderanno la via della Città della salute a Sesto. Ancora qualche passo, ed ecco i 70mila metri quadrati dei binari di Lambrate, uno dei sette scali ferroviari da trasformare. Pezzi di Milano che, cuciti insieme, sono una piccola città nella città.
Che cosa avverrà agli spazi orfani degli studenti? Il Politecnico da tempo lamenta la mancanza di un'aula magna e potrebbe essere interessato a prenotare uno degli edifici più vicini alla rinnovata piazza Leonardo. Si potrebbero anche prevedere case per studenti, ma il bisogno, raccontano i tecnici, non è più così pressante come qualche anno fa. La maggior parte dell'area, quindi, ha una storia ancora tutta da scrivere. Con un nodo che rimane. La Statale nel 2011 ha cominciato a costruire un edificio in via Celoria che avrebbe dovuto ospitare parte di Informatica liberando la sede di via Comelico (locali su cui oggi l'università paga un affitto). Stanziamento per l'operazione, 22 milioni di euro. Doveva essere finito nel 2014, ma tutto si è fermato. E oggi per gli informatici la prospettiva è quella di un doppio trasferimento in tempi strettissimi. Non a caso uno dei tre astenuti in Senato accademico è stato Goffredo Haus, direttore del dipartimento.
Ma ripartiamo dalla situazione attuale. Le facoltà scientifiche che andrebbero a Rho-Pero occupano complessivamente 250mila metri quadrati - la maggior parte è a Città Studi -, e non tutti sono di proprietà di via Festa del Perdono. Circa 50mila metri quadrati appartengono al Demanio, altri 8mila sono in affitto. In tutto: 33 immobili, soprattutto uffici e dipartimenti (23), ma anche appartamenti e terreni. Per finanziare il campus, la Statale immagina di trovare parte — tra i 100 e i 120 milioni di euro — dei 380 milioni di cui ha bisogno, «valorizzando » i suoi pezzi di patrimonio. Con l'ipotesi che sia Cassa depositi e prestiti a entrare in gioco con un fondo immobiliare ad hoc. La stessa Cdp aveva iniziato ad analizzare la situazione nel primo studio sul post Expo fatto lo scorso anno. Già allora si immaginava il trasloco e la leva della vendita. Tenendo conto, però, anche delle complessità. La prima: i vincoli del ministero dei Beni culturali su alcuni immobili che impediscono non solo di demolire, ma anche di variare troppo facciate e spazi. E poi c'è il Piano di governo del territorio: 207mila metri quadrati (25 immobili) hanno una destinazione legata all'università e alla ricerca; altri 46mila metri quadrati sono considerati uffici e aree residenziali. Ma ci sono sempre le varianti. Senza dimenticare che parte del Pgt scadrà il prossimo anno e dovrà essere riscritto. Palazzo Marino, che guiderà le eventuali mosse urbanistiche, assicura fin d'ora attenzione: «Il progetto del campus a Expo è strategico e va sostenuto — dice l'assessore all'Urbanistica Pierfrancesco Maran — . Ma abbiamo bisogno di lavorare anche per tenere viva e vitale Città Studi sia attraverso il Politecnico sia attraverso nuovi partner. Quello è un quartiere che storicamente deve mantenere una forte connotazione di servizi ». Bisogna studiare un piano, insomma. E il rettore del Politecnico Giovanni Azzone, che è anche il presidente di Arexpo, dice: «Città Studi è una priorità e al Politecnico piacerebbe essere uno degli interlocutori. Naturalmente non abbiamo nessun diritto sulle aree della Statale, ma magari potremmo lavorare nella progettazione coinvolgendo anche i nostri studenti. C'è il tempo perché l'amministrazione pensi a un bel progetto così come sta facendo per il post Expo».
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