Gli scavi di Pompei spiegati ai bambini FRANCESCO ERBANI Repubblica, 12/08/2016
Ilaria e Simone Marchini, docenti italiani negli Usa hanno scritto una guida per i più piccoli Che cosa racconta Pompei a un bambino? Quante cose vive può trasmettere una città morta a chi alla vita si affaccia? Tante cose, a cominciare dalla dimensione più profonda che si cela nei gesti e negli oggetti del quotidiano. I quali hanno una storia e non solo un presente. Un gruppo di bambini, il più grande ha undici anni, il più piccolo cinque e mezzo, ha visitato gli scavi archeologici vesuviani. Li ha scortati una coppia di genitori, lei insegnante di letteratura italiana medioevale a Princeton, lui docente di letterature classiche a Hofstra, nello Stato di New York, entrambi italiani. Ilaria e Simone Marchesi, i due professori-guida, hanno redatto un journal di questa esperienza (Live in Pompei, Laterza, pagg. 144, euro 13) in cui le loro conoscenze accademiche sono messe alla prova dalle domande dei bambini. Perché a Pompei si conservano i calchi di alcuni di coloro che restarono sopraffatti dall’eruzione del 79 d. C., mentre a Ercolano sono stati rinvenuti diversi scheletri (“scheletri vivi?” s’interroga uno dei bambini)? E come si realizzavano quei calchi? Chi ne mise a punto la tecnica? E, ancora, quale immagine della vita e della morte trasmettono quelle sagome accucciate nell’atto estremo della loro esistenza? Pompei racconta anche questo. La vicenda moderna della città antica è abitata da figure che insegnano come accostarsi al passato, qual è il senso vero della storia e della ricerca archeologica. Una di queste figure, definita un supereroe, come fossimo in un cartoon, è Giuseppe Fiorelli, il primo, grande soprintendente pompeiano. Fu lui che, nella seconda metà dell’Ottocento, oltre a inventarsi un modo per realizzare i calchi, impresse una svolta alle ricerche archeologiche, fino ad allora concentrate a portar via dalle domus busti, affreschi e monili. Oggetti pregiati raccolti nei musei o che a volte servivano solo per decorare. Fiorelli invertì la rotta. Pompei andava scavata non solo perché custodiva gioielli, ma perché era una città e la dimensione urbana e una vita quotidiana interrotta tragicamente dall’eruzione erano il vero tesoro lì custodito, rimasto pressoché integro a testimone di come la vita fluisse in uno spazio complesso. Per questo Fiorelli applicò alla Pompei antica una divisione in regiones e insulae, una serie di artifici moderni, una griglia che consentiva di distribuire e organizzare quello spazio. Un criterio tardo ottocentesco per capire una città di età imperiale. Un utile racconto pompeiano per far capire, anche a un bambino, come passato e presente possono interpretarsi reciprocamente. |