PADOVA - «Turismo strategico ma serve fare sistema e crescere in qualità» di Elena Livieri 14 agosto 2016 IL MATTINO DI PADOVA
Stefan Marchioro, docente al Bo, scommette sulla Soft city «L’area eventi sia polo attrattore dell’innovazione»
«Padova è una città turistica ma non sa di esserlo, o non lo sa abbastanza. Ben venga la Soft city proposta dalla Camera di commercio: anche il turismo viaggia sui binari dell’innovazione»: Stefan Marchioro, professore di Economia applicata al turismo al Dipartimento Beni culturali del Bo e nella Direzione Turismo del Veneto, abbraccia con entusiasmo la visione di una Padova del futuro che poggi sui pilastri dell’innovazione e della sostenibilità. Con un imperativo categorico: fare sistema.
Professore, che rapporto c’è fra Padova e il turismo?
«Padova è una città turistica ma non sa di esserlo, non si percepisce come tale nonostante sia la città italiana d’arte – e non solo – che negli ultimi venti anni ha registrato il maggior tasso di crescita negli arrivi e nelle presenze. Ed è una delle prime tre città per crescita dei posti letto».
E i padovani non lo sanno?
«Manca la consapevolezza, a partire dai cittadini, in misura minore in associazioni di categoria, enti territoriali e amministrazioni. Una maggiore consapevolezza, diffusa, faciliterebbe il confronto fra attori, predisponendo a una migliore organizzazione dell’offerta».
C’è qualche sforzo in questo senso?
«Si viene da una destrutturazione con la chiusura dell’Azienda del turismo. Ci sono tre uffici in città ma manca un back-office condiviso. Comunque ci si sta muovendo sulla spinta della legge regionale 11/2013 e da un paio di mesi si è avviata l'Organizzazione della gestione di destinazione con cui si è già adottata una prima bozza di Destination management plan, cioè quello che la città vuole essere dal punto di vista del turismo nei prossimi 10-15 anni, in termini di prodotti e filoni turistici».
Qual è l’obiettivo?
«È indispensabile ragionare in termini di una governance integrata, coinvolgendo non solo gli stake holder ma anche i cittadini attraverso processi partecipativi. È quindi strategica una visione di insieme per andare oltre il turismo dal punto di vista tradizionale. Tutto il territorio deve avere interconnessioni con il turismo. E in questa programmazione ci deve stare dentro un ragionamento sui trasporti pubblici, sulla mobilità in generale, l’ambiente».
Cosa può favorire in questo senso la Soft city?
«Condivido la necessità di ripensare l’area eventi, la fiera, ma va ripensato anche il tema della congressualità. In futuro saranno necessari infatti spazi meno grandi ma più moderni e tecnologici, capaci di assicurare interconnessioni a tutto campo. Per questo è giusto immaginare di mettere dentro agli spazi della fiera laboratori di ricerca e di trasferimento tecnologico, incubatori di nuove imprese. Dobbiamo creare un polo attrattore dell’innovazione digitale».
Quali i benefici per il turismo?
«Padova ha scontato un immaginario stereotipato, da città industriale a città della tradizione scientifica. Oggi serve una visione che sia sommatoria di tutte le sue anime. In questo senso è auspicabile una visione d’insieme del turismo che va dai siti come la Cappella degli Scrovegni e l’Orto botanico – rispettivamente primo e secondo attrattore di turisti - ma anche gli appuntamenti di Palazzo Zabarella, le mostre, gli eventi musicali di Zed, le stesse manifestazioni sportive. È necessario coordinare tutte queste realtà, fare sistema».
È ottimista sulle prospettive del turismo in città?
«Fino a oggi non abbiamo risentito di dinamiche - penso al terrorismo - che hanno penalizzato altre mete. Le proiezioni parlano di un turismo in crescita. Nel 2015 nel mondo ci sono stati un miliardo 186 milioni di arrivi, nel 2030 saranno un miliardo 800 milioni. Dobbiamo essere pronti a intercettare questa crescita».
Come?
«Puntando sulla qualità del turismo. Padova è in fase ascendente ma deve darsi da fare. Deve inseguire una crescita quantitativa ma anche qualitativa».
Pensa a un turismo più elitario?
«Non proprio. Padova deve attrarre a 360 gradi qualificando l’offerta. Oggi parla a un pubblico di età media, alle famiglie. Può fare molto per la componente giovanile che si giova di dinamiche favorite dalla presenza dell’università, che non vanno trascurate. Turismo di qualità va inteso nel senso di una migliore organizzazione, di una proposta variegata e organica, di servizi moderni e a tutto tondo. Per questo è strategico il progetto di Soft city».
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