SALERNO - Cinquanta milioni per gli abbattimenti di Clemy De Maio 18 agosto 2016 La città di Salerno
SALERNO Cinquanta milioni, e non basteranno. La cifra è quella del fondo per la demolizione degli immobili abusivi, previsto da un disegno di legge approvato alla Camera e di ritorno al Senato. Servirà ad aiutare i Comuni, che attualmente si rivolgono alla Cassa depositi e prestiti, a reperire ulteriori risorse per gli abbattimenti, da restituire entro dieci anni. Ma secondo gli addetti ai lavori anche questa novità rischia di non essere sufficiente se non sarà accompagnata da modifiche normative che rendano più rapido l'utilizzo delle risorse e, soprattutto, consentano di recuperare almeno parte delle spese dai privati responsabili dell'illecito. Il sequestro dei beni. La Procura generale di Salerno ha chiesto per questo che la misura del sequestro conservativo dei beni possa essere applicata anche prima della richiesta di rinvio a giudizio, per evitare che nelle more del procedimento l'indagato si depauperi del suo patrimonio e impedisca allo Stato di rivalersi su di lui per i costi dell'abbattimento e del ripristino dei luoghi. Per il procuratore generale Leonida Primicerio, che questa proposta l'ha illustrata alla commissione Giustizia della Camera nel corso delle audizioni sul disegno di legge, blindare i beni dell'indagato sarebbe un utile deterrente all'abusivismo edilizio e un efficace strumento per contenere i costi a carico di Stato e Amministrazioni comunali, che ora riescono di rado a rivalersi sul privato. Si tratterebbe di far seguire ai sigilli al manufatto abusivo (magari dopo che questi siano stati confermati dal Tribunale del Riesame) un sequestro conservativo su altri immobili e conti, per un importo pari a quello che si stima necessario per provvedere all'abbattimento in caso di sentenza definitiva di condanna. «Al momento questa misura si può chiedere solo con l'esercizio dell'azione penale, quindi in un momento in cui l'imputato potrebbe essersi già liberato dai beni da sequestrare anche mediante l'interposizione fittizia di terzi» ha spiegato Primicerio. Casistica alla mano, adesso il corto circuito è sistematico: «Nella maggior parte dei casi in cui si perviene alla demolizione coattiva per iniziativa dell'autorità giudiziaria – ha aggiunto il procuratore generale – le spese anticipate dallo Stato (mediante stanziamento delle somme richieste dai Comuni alla Cassa depositi e prestiti) non vengono di fatto mai recuperate nei confronti del condannato, il quale nel frattempo si è quasi sempre spogliato dei suoi beni rendendosi nullatenente». Il fondo di rotazione. In questo contesto si teme che finisca per evaporare in fretta anche la dotazione di cinquanta milioni di euro che il legislatore vorrebbe destinare alla demolizione degli abusi. Le modalità di erogazione non sono ancora definite; nel disegno di legge si spiega che sarà il ministro delle Infrastrutture a stabilirle per decreto, di concerto con quelli dell'Ambiente e dei Beni culturali, e che i versamenti saranno accompagnati da una convenzione che prevede la restituzione delle somme in dieci anni. Si dispone inoltre che entro ogni dicembre i Comuni debbano comunicare a Stato e Regioni (oltre che al prefetto) l'elenco delle opere non sanabili per le quali il responsabile dell'abuso non abbia provveduto nel termine previsto alla demolizione e al ripristino dei luoghi e per le quali sia inutilmente decorso l'ulteriore termine di 270 giorni, entro il quale l'amministrazione comunale è tenuta a concludere il procedimento di tutela del vincolo. Le linee di finanziamento. Destinatari dei fondi sono già adesso i Comuni, che vi attingono chiedendo anticipazioni alla Cassa depositi e prestiti. Ma non sempre l'iter va spedito, anzi gli intoppi burocratici si nascondono in più pieghe della procedura e hanno innescato una sorta di contenzioso con la magistratura, che chiede di poter fare da sola attingendo in forma diretta a un capitolo di spesa del Ministero della giustizia. Il procuratore generale di Salerno lo ha ribadito ai parlamentari: «Adesso l'attuazione dei programmi concepiti dall'autorità giudiziaria viene ad essere fortemente rallentata e condizionata dalla farraginosità dei meccanismi amministrativi e, non raramente, dalla scarsa collaborazione degli enti locali». La soluzione proposta è quella di consentire al pubblico ministero incaricato dell'esecuzione della sentenza di procedere in proprio, «anche per restituire alla giurisdizione una più ordinata pienezza ed effettività dei propri poteri sanzionatori». |