Milano. Nel laboratorio dei Navigli dove «resuscitano» libri antichi e pergamene Marta Ghezzi Corriere della Sera - Milano 28/11/2016
Butta lì il nome alla fine, con noncuranza, dopo aver citato una serie di clienti per cui ha lavorato: l’archivio provinciale di Bolzano, quello di Stato di Bergamo, le fondazioni Dalmine, Pirelli e Magneti Marelli, e ancora, qui in città, il Museo del Risorgimento, la Braidense e la Bertarelli. Poi, senza variare il tono di voce, Sonia Introzzi dice: «Ah già, c’è anche il Guggenheim». Guggenheim di Venezia? «No no, quello americano». Notando la meraviglia, aggiunge i dettagli. «Sono arrivati a me attraverso l’archivio del Futurismo, sempre mio cliente», racconta, «avevano un volume da rimettere a posto». Sorride, ed è subito chiaro che non è presunzione, il libro dell’importante istituzione non l’ha colpita. Del resto, fra le sue mani, in trenta anni di carriera sono passati dei capolavori, oggetti di ben altro valore rispetto a un tomo del Marinetti.
La signora ha un mestiere antico e in via d’estinzione: restaura la carta. Nel suo laboratorio Volumina, in un cortile di via Ascanio Sforza, la professionista riporta allo stato originale («restauro conservativo, senza alterazioni», anticipa) libri, pergamene, stampe e documenti. Riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali, è abilitata al lavoro con gli enti statali, forzieri di rarità inimmaginabili. Scuote la testa mentre racconta la crisi. «Oggi è difficile, i giovani sarebbero interessati all’attività, lo vedo perché seguo la formazione, ma l’ottanta per cento del patrimonio da recuperare è pubblico e mancano gli stanziamenti».
Le carte raccontano la storia. «Se c’è passione ci si commuove, a me succede ancora oggi, anche se poi il lavoro richiede freddezza», ammette. Di getto ricorda un’opera. «Un contratto di matrimonio d’epoca longobarda, dell’Archivio di Stato di Milano, se non erro il loro documento più antico. Una pergamena scritta in inchiostro color seppia, il padre che concede in sposa la figlia. Una meraviglia». Affiora un altro ricordo, «un contratto di lavoro, un appalto, firmato dal Bramante», e ancora, «un librino incunabolo del 1500, uno dei primi a stampa. Senza frontespizio ma conservato benissimo, con la coperta di cuoio incisa a secco e il fermaglio in ottone originale».
Il restauro consiste di varie fasi. «Il primo intervento, soprattutto se la carta è fragile e indebolita, si esegue con una pennellessa, con passaggi delicati». A volte, però, quando i danni del tempo, l’incuria umana, gli insetti o incendi, allagamenti, terremoti, hanno lasciato segni troppo evidenti, non è sufficiente. «Allora si passa ai solventi. E se non c’è via d’uscita, l’acqua». Attimo di stupore. Lei chiarisce: «Lavaggi rapidi, a 38 gradi».
Sonia Introzzi viaggia nel tempo ma nello studio sul Naviglio, arrivano anche richieste legate al quotidiano. «Una prima edizione di Diabolik, con una rottura sul dorso. Un proprietario così geloso che faceva fatica a separarsene», ricorda la restauratrice. «L’incarico più singolare, però, sono stati i contenitori per le mezzuzot, da inchiodare agli stipiti delle porte. Ho usato la pergamena». |