VERONA - «Verona, non giocarti la faccia con coperture e ruote panoramiche» - Lo storico dell’arte Salvatore Settis: «Una città è più di un centro commerciale» Marta Bicego VERONA FEDELE 7 DICEMBRE 2016
Verona sembra avere un rapporto singolare con il proprio patrimonio culturale. Del resto, un illustre precedente veronese – ovvero la romantica invenzione del balcone di Giulietta che tuttora attira innamorati da ogni parte del mondo – si è trasformato in gallina dalle uova d’oro. Ed è così che negli anni ed in particolare nei tempi recenti, un certo estro fantasioso ha iniziato ad attanagliare gli amministratori pubblici, i quali sembrano fare a gara tra chi ha la visione più originale. Si è concluso lo scorso settembre, con la presentazione di un’ottantina di progetti, il concorso internazionale per raccogliere idee su come coprire l’Arena: soluzione necessaria, recita il bando, per renderla fruibile tutto il tempo dell’anno e soprattutto per migliorarne lo stato di conservazione. Per un altro spunto non meno degno di nota, che ha un precedente datato in realtà agli anni Trenta del secolo scorso, bisogna fare un balzo alla metà di novembre: riguarda la proposta di copertura di via Mazzini per fare eco, con 400 metri di plexiglas, alla galleria milanese Vittorio Emanuele. Il costo non conta, poiché la finalità, avanzata dal capogruppo a Palazzo Barbieri della lista civica “Meglio Verona” Gianluca Fantoni (lo stesso a suggerire un referendum popolare per il tetto dell’anfiteatro romano), è infatti salvare lo shopping di cittadini e visitatori dall’imprevedibilità del meteo. Verona come Milano e… Londra o Dubai? Forse, perché un ulteriore bando di gara mette in mezzo le mura di lungadige Capuleti, in piazza Maestri del Commercio: slargo, all’inizio del percorso obbligato lungo via Pallone per i turisti che scendono dai pullman al parcheggio dell’ex Gasometro, che potrebbe essere occupato da una ruota panoramica. E, per abbracciare ogni secolo, l’ultimo complesso storico oggetto di trasformazione sarà l’ex Arsenale austriaco per il quale nei giorni scorsi è stata approvata in Consiglio comunale una sinergia tra pubblico e privato che mette insieme cultura e attività commerciali. «È triste vedere una città con la storia e la tradizione di Verona adeguarsi passivamente all’idea sciatta e arretrata che le città siano sostanzialmente dei centri commerciali, finalizzati allo shopping o al petty business di chi considera ogni edificio, ogni monumento, ogni strada, ogni piazza come altrettante occasioni che debbano innescare il suo privato profitto», commenta l’archeologo e storico dell’arte Salvatore Settis, già direttore della Scuola normale superiore di Pisa. E, in aggiunta, rincara la dose a sottolineare il pericolo del lasciarsi tentare dalla prospettiva economica a discapito di quella culturale: «Si logora e si calpesta, in tal modo, l’idea stessa di città come polis, bene comune di una collettività intenta a progettare il proprio futuro, pensando ai diritti delle generazioni che verranno. I progetti menzionati hanno tutti l’impronta di una mercificazione violenta ed incolta, a cui i cittadini dovrebbero sapersi opporre attivamente, e non limitarsi a mugugnare». Soluzioni simili sono veramente necessarie? O sono sintomo di una società incapace di prendersi cura dei propri beni? «Nel tempo presente, come in ogni altra epoca, convivono tendenze diverse e talora opposte: mentre qualcuno gioca al ribasso, svendendo le città e considerando i luoghi della storia come scatole vuote da riempire con shopping e attività commerciali, c’è altrove qualcun altro che riscatta centri storici, ricrea il senso della comunità, gioca la carta della democrazia e del bene comune nello spazio della città. Non si può fare simultaneamente l’una e l’altra cosa. Da Verona non mi aspetterei che giocasse al ribasso con tanto cinismo. E finché non accadrà, continuerò ostinatamente a sperare che i veronesi sappiano opporsi a questa deriva». – In mancanza di idee, si vende se non addirittura si svende, il patrimonio culturale. La sua definizione di “Italia Spa” è dunque ancora attuale? «Quel mio libro descriveva, più di dieci anni fa, un pericolo, che allora si collocava a livello di una legge del governo centrale. Negli anni successivi, anziché imparare dal clamoroso fallimento di quel progetto (lo stesso Tremonti lo ha dichiarato e negli ultimi mesi della sua permanenza al governo seppellì la sua stessa legge), molti Comuni hanno preso alla spicciolata quella stessa strada. Ma una “Verona Spa”, anche se a livello minore dell’Italia intera, è una prospettiva altrettanto grave». – Gli italiani, insomma, sono – come lei affermò – sempre più “nemici dell’arte”? «Non tutti. Vedremo che cosa i veronesi sapranno fare per difendersi da altri veronesi». – È la Costituzione stessa ad invitare a tutelare e valorizzazione il patrimonio culturale. Il problema è come. Cosa si dovrebbe fare? «Rispettare la Costituzione, essere consapevoli della vita civile della comunità, capire che il diritto all’uso degli spazi pubblici è ingrediente essenziale della democrazia».
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