Venezia. Dai furbetti del pubblico allo scandalo del Mose, la Corte dei Conti: «Corruzione pervasiva» Alberto Zorzi Corriere del Mezzogiorno - Bari 25/2/2017
VENEZIA. C’è il Mose, ovviamente. «La sentenza su Giancarlo Galan? Dateci ancora qualche giorno», dice il presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Guido Carlino. Viste le dimensioni dell’opera, si fa presto a fare i grandi numeri: dai quasi 10 milioni chiesti (e sequestrati) all’ex governatore Giancarlo Galan, all’ex presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta e all’ex funzionario regionale Enzo Casarin (ma altri ne arriveranno presto) per il danno di immagine e da disservizio, fino ai 61 milioni per i prezzi gonfiati dei sassi, per i quali però l’indagine è ancora in fase preliminare. E forse arriveranno altre inchieste: «Siamo in stretto contatto con i commissari del Consorzio Venezia Nuova - ha spiegato il procuratore regionale Paolo Evangelista - Abbiamo offerto la massima disponibilità qualora si riscontrino, nel completamento dei lavori del Mose, fattispecie di danno».
Ma il carnet degli sprechi su cui indaga la procura regionale è ricco e sono in arrivo udienze con richieste milionarie. C’è per esempio il caso di Gian Luca Alberti, il direttore di una Ipab di Isola della Scala (Verona), che un anno fa ha patteggiato tre anni per essersi appropriato di circa 4 milioni di euro. Ora il pm contabile Chiara Imposimato ha portato sul banco degli accusati l’intero collegio dei revisori dei conti e anche i responsabili dell’Unicredit, che aveva gestito il servizio di tesoreria senza accorgersi dei continui prelievi del funzionario infedele, contestando un danno erariale di 2,8 milioni di euro. Lo stesso magistrato ha chiesto una somma ancora più elevata (4 milioni e 671 mila euro) per i vertici degli Istituti Polesani di Ficarolo (Rovigo), una struttura per disabili, ritenuti responsabili di aver «fatto la cresta» sui servizi, incassando i soldi della Regione pur tenendo degli standard al di sotto di quelli previsti. Nella sua relazione il procuratore Evangelista ha poi ricordato i 26 mila euro chiesti agli ex consiglieri dell’Udc per le illecite spese del gruppo regionale (sottolineando poi che grazie alle inchieste, gli altri gruppi avevano già restituito 138 mila euro), i 10 mila euro alla giunta del Comune di Valli del Pasubio per il rifiuto di applicare la «mini-Imu» e infine un paio di milioni di euro per uno scorretto utilizzo da parte di alcuni imprenditori agricoli dei finanziamenti pubblici.
Lo scorso anno la Corte, eseguendo le proprie sentenze, ha recuperato 4 milioni e mezzo. Altri 17 milioni – di cui 16 per il famoso arbitrato dell’Ospedale dell’Angelo, che ha riconosciuto la possibilità di applicare la spending review anche ai project financing – sono arrivati per spontanee riparazioni. Evangelista ha confermato che nel mirino della procura ci sono anche i danni legati ai risarcimenti nella sanità, sui quali è in corso un accordo con Palazzo Balbi. «L’obiettivo è che alla procura arrivino le segnalazioni con approfondite valutazioni sulla gravità della condotta del personale sanitario», ha spiegato. La Corte punisce infatti solo la colpa «grave» e così non si perde tempo e si evitano allarmismi tra medici e infermieri. «Da parte nostra c’è la massima collaborazione e i risultati si vedono - ha detto il governatore Luca Zaia - La Regione sostiene il costo di quattro dipendenti della Corte».
«La corruzione resta pervasiva, tra malaffare e illegalità», ha spiegato Carlino, pur riconoscendo che le «pecore nere» sono pochissime, a fronte di tanti pubblici dipendenti onesti. Carlino, davanti al presidente della Corte nazionale Arturo Martucci di Scarfizzi, ha elencato i difetti del nuovo codice, che a volte appesantisce alcune fasi dell’indagine e del processo. «E’ perfettibile», ha ammesso Martucci. La presidente della sezione di controllo, Diana Calaciura, ha fatto un resoconto anche della loro attività, fatta di centinaia di controlli sui bilanci degli enti pubblici, dai Comuni in su, e di 69 pareri chiesti dagli stessi. «Ciò che emerge è un frequente ricorso alle anticipazioni di tesoreria, il che è sintomatico delle carenze di cassa degli enti - ha concluso - Così come sono frequenti i debiti fuori bilancio».
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