I beni culturali non si vendono Laura Martellini Corriere della Sera 14/11/2002
La precisazione di Urbani: al massimo si tratterà di concessione «Fuori i mercanti dal tempio»: lo scandisce a gran voce il ministro dei Beni culturali Giuliano Urbani, ospite ieri del convegno L’impresa fra cultura e comunicazione organizzato dall’associazione Civita presieduta da Antonio Maccanico. «Una precisazione dovuta - spiega Urbani - visto che proseguono le incomprensioni. La necessità di conferire alla Patrimonio Spa l’incarico di dismettere i beni demaniali non riguarderà certo il patrimonio culturale: è la stessa Costituzione a garantirne la tutela. Il nuovo Testo Unico sui beni culturali, poi, recepirà fin dall’articolo 1 i limiti alla vendita, già fissati nel Duemila con decreto del presidente della Repubblica. Eppoi non di cessione si tratterà, ma di concessione, ad esempio delle attività della biglietteria: il soprintendente rimarrà proprietario e tutore del bene». Al ministro ha replicato Mauro Bulgarelli dei Verdi: «Urbani vuole forse procedere a un affitto?». L’ex ministro Giovanna Melandri (Ds) ha rilanciato: «Se finalmente Urbani ha aperto gli occhi, deve allora ottenere che il governo congeli l’attività di Patrimonio Spa fino a quando il Testo Unico formalizzerà la tutela». Franco Bernabè, presidente della Biennale di Venezia, ha annunciato una revisione dello Statuto della Biennale, in accordo con il ministero: «Occorre ancora tempo. Per ora si sta pensando a una formula associativa fra privati». Dal convegno è anche emerso che l’86% delle imprese italiane ritiene importante l’investimento culturale, per il ritorno di immagine, mentre il 58% ha già sostenuto iniziative di questo tipo. Solo nel 29,7% dei casi, però, le iniziative sono nate internamente all’azienda . C’è ancora molta strada da percorrere, insomma, perché il ponte con la cultura diventi una filosofia d’impresa, come già accade all’estero.
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