Varedo. Casa Borsani si svela Chiara Vanzetto Corriere della Sera - Milano 28/7/2018
La splendida villa di famiglia progettata dall’architetto negli anni ‘40 a Varedo apre le porte al pubblico
Chi era Osvaldo Borsani? Un grande architetto, designer e imprenditore, brianzolo di Varedo, 1911-1985: un pioniere del buon rapporto tra progetto e industria, nel momento storico in cui coincisero boom economico, progresso tecnologico e fioritura artistica. Il suo nome è meno conosciuto rispetto ai progettisti lombardi coevi, forse a causa della proverbiale riservatezza, forse per l’impegno costante sul lavoro: aveva ereditato la ditta di famiglia, l’Atelier ABV (Arredi Borsani Varedo), e con il fratello gemello Fulgenzio aveva fondato nel 1953 la Tecno, a tutt’oggi marchio d’eccellenza nel settore mobili da ufficio. A colmare la lacuna è in allestimento fino al 16 settembre in Triennale la prima retrospettiva sul suo lavoro: in mostra 300 pezzi tra arredi, suppellettili, foto, schizzi e progetti, a cura di Norman Foster e Tommaso Fantoni, nipote dell’artista: «Ricordo il nonno che disegnava sempre, sapeva tracciare le prospettive al contrario per i clienti seduti davanti a lui. Aveva una mano straordinaria».
L’Archivio Storico Osvaldo Borsani, da cui provengono i materiali esposti, si trova a Varedo presso l’omonima villa privata di famiglia, progettata da Borsani tra 1943 e ’45 e normalmente chiusa al pubblico: in occasione della mostra ha aperto le porte in via eccezionale per una serie di visite culturali con i volontari del Fai di Monza (vedi note a fianco). Un edificio che è un piccolo gioiello, paragonato alla casa museo Necchi Campiglio. «Una dimora borghese intatta in ogni sua parte, con una dimensione e un’organizzazione familiari — prosegue Fantoni — dove al razionalismo della struttura architettonica dell’esterno corrisponde un grande ricchezza degli ambienti interni, colmi di dettagli preziosi». Dunque una casa pratica, fatta per vivere, ma bellissima: nulla è affidato al caso, tutto sembra spontaneamente e perfettamente al proprio posto. In questo senso l’abitazione è una chiave per capire il metodo Borsani, valido in una scala che va dal grande al piccolo: massima funzionalità, attenzione alla qualità e ai materiali, impegno estetico, minuziosa cura del particolare nell’insieme.
In giardino le forme esterne si stagliano rigorose ed essenziali in un incontro di linee rette, ma varcata la soglia la severità si scioglie, ci si perde in un’atmosfera d’altri tempi sofisticata ed elegante. La scala è in marmo rosa di Candoglia, lo stesso del nostro Duomo, i pavimenti ancora in marmo con disegno a onde, oppure in parquet con griglia a losanghe. Al mobilio, spesso su disegno dello stesso Borsani, si accompagnano opere d’arte, sculture, dipinti: l’architetto amava infatti collaborare con giovani artisti dell’epoca a cui chiedeva di realizzare fregi o decori integrati agli ambienti. Non a caso qui il camino si riveste con un lavoro in ceramica di Lucio Fontana, mentre il mosaico del bagno ha un disegno a fiori appositamente creato da Adriano Spilimbergo. Un complesso unico, tra gusto moderno e tracce Déco, innovativa produzione in serie e sapienza della tradizione artigiana.
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