VENEZIA - «Impossibile transennare tutto Venezia deve restare città aperta» di Alberto Vitucci 2 OTTOBRE 2018 LA NUOVA VENEZIA
Qualcosa in più di un atto vandalico. Lo sfregio del Leoncino, uno dei simboli di Venezia e un luogo dell’anima per i tanti veneziani che ci andavano a cavallo da piccoli, è la conferma che nella testa di molti Venezia non è una gemma preziosa da rispettare. Ma un luogo da consumare. La massa incontrollata dei turisti mordi e fuggi non aiuta. La vigilanza può non bastare. «Certo non possiamo transennare ogni cosa, la città è aperta tutti», ammette Mario Piana, proto di San Marco, dirigente della Soprintendenza e docente Iuav, «È un fatto vergognoso e basta. Di una stupidità incredibile. Segno che quei vandali non conoscevano nemmeno la storia, il valore di quelle opere. Un fatto preoccupante. Ma l’unico rimedio è la cultura, l’educazione. Chi viene qui, deve sapere dove va. Non siamo un luna park». Un fronte inaspettato dopo le cafonate estive. Fastidiose, ma alla fine innocue come i tuffi in canale, i panini in mezzo alla via, le biciclette nella città pedonale, le immondizie, i gabbiani.
Adesso nella notte, un gruppo di studenti (studenti!) imbratta uno dei Leoncini settecenteschi dell’omonima piazzetta. Di fronte al patriarcato e alla facciata laterale della Basilica. Secondo i primi rilievi, il danno non sembra grave. La vernice alla fine potrà essere rimossa, il leoncino ferito è giù stato recintato in attesa delle cure dei restauratori. Resta l’odioso episodio. Conferma che Venezia, un tempo città delle arti e della cultura, oggi balza alle cronache nazionale sempre più spesso per atti vandalici ed eccessi un tempo sconosciuti.
Lo sfregio del Leoncino non ha nulla a che vedere con i tanti episodi della cronaca estiva. Ma testimonia di un qualcosa che ormai ha superato ogni limite, anche morale. Così gli eccessi di velocità e gli incidenti nautici, anche mortali, un tempo rarissimi. Il moto ondoso e la paccottiglia che sta trasformando la città in un suk senza qualità, dove tutti vendono la stessa merce. Sedie e tavolini dappertutto, negozi di chincaglierie al posto degli artigiani che scompaiono e che in altri luoghi sarebbero stati protetti come una specie in estinzione.
C’entra tutto questo con la vernice sul muso del leone? C’entra. Perché negli ultimi anni Venezia si è trasformata in un qualcosa di estraneo alla sua cultura millenaria. Non più meta del viaggio ma luogo del consumo. Dove tutto è permesso. Non bastano plotoni di vigili, non bastano i divieti e l’ordine pubblico.
Una civiltà in pericolo. Perché in pericolo sono i suoi abitanti, ridotti a meno di 55mila. In pericolo la storia e le tradizioni mercantili e artigiane. In pericolo il tessuto socio economico messo a rischio dalla trasformazione diffusa degli appartamenti in appartamenti per turisti frettolosi e sempre più invasivi. «Cosa fare? Istruire, educare. Provare a spiegare che questa è una città davvero unica al mondo», dice Piana. In attesa del prossimo episodio. —
Alberto Vitucci
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