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Vita di Ludwig Pollak: archeologo, collezionista e mercante d’arte
Edoardo Sassi
Corriere della Sera - Roma 5/12/2018

Un’esistenza, conclusa tragicamente, che sembra uscita dalla penna di un grande romanziere (e un libro e un film sulla sua vita pare siano in cantiere...). E pensare che molte delle pagine della incredibile biografia di Ludwig Pollak (1868-1943) devono ancora essere scritte. Chissà allora che a far da volano per la (ri)scoperta di questo gigante — archeologo, collezionista, mercante, erudito e fine connoisseur nella Roma fra Otto e Novecento — non sia proprio questa mostra, inaugurata il 4 novembre in due sedi, Museo Barracco e Museo Ebraico.

Il ritrovamento, nel 1903, del braccio mancante del Laocoonte
Ma chi era, Ludwig Pollak? Nato nel ghetto di Praga, studi a Vienna, per mezzo secolo, dal 1893, stabilmente a Roma, le biografie lo ricordano principalmente per una delle sue tante e clamorose scoperte. Quella avvenuta nel 1903 e relativa a uno tra i più famosi gruppi della statuaria greca. Passeggiando sull’Esquilino, nel corso di uno dei suoi consueti sopralluoghi tra scavi, rigattieri e marmorari che allora affollavano la giovane capitale italiana, nel laboratorio di uno di questi ultimi in via delle Sette Sale Pollak notò (e acquistò) quel braccio marmoreo ripiegato che, gli si disse, proveniva da scavi sulla vicina via Labicana. L’infallibile intuito di Ludwig mise insieme «occhio» e il fatto che il luogo era vicinissimo a quello in cui, quattrocento anni prima, era stato ritrovato il gruppo ellenistico del Laocoonte Vaticano. Non ebbe torto. Quel braccio — sia pure in posizione ripiegata e non distesa come nell’integrazione cinquecentesca — era proprio il braccio mancante di uno dei capolavori dell’archeologia mondiale, custodito in Vaticano.

Prelevato dai nazisti il 16 ottobre 1943, morirà nel campo di Auschwitz
Più tardi, 1905, Pollak donerà il «gioiello» ai musei del papa, gesto che gli varrà il riconoscimento, primo ebreo non convertito della storia a ottenerlo, della «Croce alla cultura» da parte di Pio X. Trentotto anni dopo la gratitudine delle alte sfere vaticane non basterà, però, a salvargli la vita. All’alba del 16 ottobre 1943 Pollak veniva avvertito dell’imminente razzia che la Gestapo si apprestava a compiere tra Ghetto e dintorni. Ad avvisarlo un giovane funzionario dell’Ambasciata tedesca presso la Santa Sede. Sembra anche che un monsignore suo amico ed esperto d’arte offrì a Ludwig e alla sua famiglia ospitalità in Vaticano. Una automobile era pronta a prelevare la famiglia Pollak presso la loro abitazione al secondo piano del Palazzo Odescalchi, in piazza Santi Apostoli. Ma l’allora 75enne archeologo declinò l’offerta di salvezza, e i motivi di questa scelta rimangono a tutt’oggi incerti. La ferocia nazista non fece sconti. Partiti il 18 ottobre dalla stazione Tiburtina, dopo cinque terribili giorni di viaggio i Pollak — Ludwig, la sua seconda moglie e i due figli — giunsero nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove, selezionati da Josef Mengele, furono quasi certamente mandati subito alle camere a gas.

L’amicizia con Freud, le consulenze per Rothschild, Stroganoff, J. P. Morgan
Anni dopo la cognata di Ludwig, unica superstite della famiglia, donerà quel che restava di una sterminata collezione (in gran parte perduta) al Comune di Roma, oggi distribuita fra Palazzo Braschi, Capitolini e Barracco, museo di scultura antica intitolato al barone e senatore italiano Giovanni, che di Pollak fu amico e sodale. Qui si conservano anche i 25 volumi di Diari (in gran parte inediti) vergati da Pollak in lingua kurrent, straordinaria fonte per comporre un affresco di quegli anni evocati in mostra grazie a più di cento esemplari tra archeologia, arte, foto e documenti, sintesi di una vita: la nascita nel ghetto di Praga, gli avventurosi viaggi in Grecia, Siria, Egitto e Palestina, l’amicizia con Freud nella Vienna d’inizio secolo, le clamorose (ri) attribuzioni (La Fanciulla di Anzio da lui riconosciuta come originale) fino a quei legami, a volte veri e propri sodalizi, con alcuni mecenati e collezionisti tra gli uomini più ricchi del tempo: come il barone e banchiere Edmond de Rothschild, il conte e collezionista russo Gregorio Stroganoff, con palazzo in via Gregoriana e miniere d’oro negli Urali, o «Sua Maestà il dollaro», come Ludwig definisce nei Diari J. P. Morgan, magnate americano habitué del Grand Hotel a Roma cui nel 1912 vendette, come mediatore, il tesoro aureo di Vrap, The Avar Treasure, oggi al Metropolitan di NY.

Info
«Ludwig Pollak. Archeologo e mercante d’arte (Praga 1868-Auschwitz 1943). Gli anni d’oro del collezionismo internazionale», a cura di Orietta Rossini e Olga Melasecchi. Museo Ebraico (via Catalana-Largo 16 Ottobre 1943) e Museo Giovanni Barracco (Corso Vittorio Emanuele 166/a). Fino al 5 maggio. Orari: martedì-domenica 10-16 (Museo Barracco). Da domenica a giovedì 9.30-16.30 (si entra fino alle 15.45, Museo Ebraico). Tel. 060608, www.museobarracco.it; tel. 06.68400661, www.museoebraico.roma.it

https://roma.corriere.it/notizie/cultura_e_spettacoli/18_dicembre_05/vita-ludwig-pollak-archeologo-collezionista-mercante-8c013338-f7ed-11e8-bfca-f74cf4634191.shtml


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