Milano. Dalle luci ai veli d’acqua. La nuova piazza Duomo disegnata dagli architetti Stefania Chiale Corriere della Sera - Milano 8/6/2019
Le risposte alla chiamata di Del Corno. «Ripensare gli spazi»
Nel 1816, appena trasferitosi a Milano, Stendhal tornava ogni notte in piazza del Duomo, per «rivedere uno spettacolo di bellezza straordinaria e unica al mondo. L’architettura non mi ha mai offerto simili sensazioni», scriveva il grande scrittore francese. Simbolo e centro della città, orgoglio dei milanesi e invidia dei turisti, la piazza che abbraccia la Madonnina ha cambiato negli anni fisionomia e funzione. Un destino che potrebbe ripetersi ancora, magari nel tentativo di valorizzare ulteriormente la cattedrale? Palazzo Marino lancia la sfida e gli architetti rispondono. È successo in piazza Castello (il restyling dal 2021), «perché non pensare — chiede l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno — al ridisegno urbanistico e architettonico anche di piazza del Duomo?».
L’elemento su cui intervenire potrebbe essere la pavimentazione, secondo le archistar Carlo Ratti e Italo Rota, che stanno lavorando insieme al progetto per il Padiglione Italia dell’Expo di Dubai 2020. «Copriremmo la piazza con una lacrima d’acqua — suggeriscono —, per nascondere quella pavimentazione sconnessa e datata e produrre riflessi che ci costringano sempre ad alzare gli occhi verso il Duomo e il cielo». Uno specchio d’acqua per alleggerire la piazza, ribadire il focus sulla cattedrale e unire allegoricamente umano e spirituale. «Su piazza del Duomo si era cimentato Ignazio Gardella, mio lontano parente con due proposte molto diverse e mai realizzate, nel 1934 e nel 1988 — aggiunge Ratti da Boston (Stati Uniti), dov’è professore all’Mit, il Massachusetts institute of technology —. Mi piace l’idea di continuare nel suo stesso gioco, a distanza di qualche decennio».
Il vuoto al centro e il verde attorno è la suggestione di Cino Zucchi, che alla storia di piazza del Duomo aveva dedicato una sequenza nel Padiglione Italia, di cui era curatore, alla 14esima Biennale di Venezia. Ripulire la piazza, dove il verde «è antistorico», restituendola nella sua pulizia a chi la frequenta ogni giorno, e intervenendo contemporaneamente ai lati. «Mettere gli alberi in piazza del Duomo? — dice Zucchi — Sarebbe come mettere fette di ananas su di una pizza margherita: una contraddizione storica e culturale esplorabile solo in forma radicale. Piazza del Duomo va rispettata come grande vuoto dai confini chiari che ospiti di volta in volta diversi pubblici — senza riempirla di troppe baracche mediatiche, anche se temporanee — che mutino al fluire dei costumi e delle culture di una città sempre più multietnica». Al contempo, considerare parte integrante del piano «due luoghi irrisolti» come piazza Diaz e piazza Fontana, trasformandoli in «vestiboli» verdi e illuminati, con funzione di appoggio: «Intorno al Duomo esistono due situazioni del tutto irrisolte, dove un verde denso e abitabile — integrato da un progetto illuminotecnico sofisticato e da luoghi di sosta e riposo — funzionerebbe bene a complemento della prima: piazza Fontana, che attende da cinquant’anni una sistemazione convincente, e piazza Diaz, luogo severo e senza identità».
Dilatare la dimensione della piazza sarebbe l’obiettivo di Paolo Caputo: «Partirei da un’idea unitaria, un grande progetto architettonico che unisca la piazza a un’altra serie di spazi, come piazzetta Reale o l’ambito alle spalle dell’abside del Duomo. Creare un piano continuo all’interno del quale si innesti la figura della cattedrale». Come? «Per esempio ripensando alla pavimentazione, ai rapporti con gli edifici e con il sottosuolo. Quest’ultimo è un ambito su cui si potrebbe davvero intervenire per unire lo spazio. Il rifacimento di piazza Liberty ne è l’esempio: è stato risolto il rapporto tra i due piani, stando sopra si percepisce il sotto». Obiettivo del progetto sarebbe «far sentire l’unitarietà di questo luogo centrale per Milano, per i cittadini e per i tanti turisti. Al centro, chiaramente, il Duomo, focus di tutta la narrazione».
Perché poi non far «rivivere di luci» palazzo Carminati, che dal 1867 sorveglia guglie e Madonnina? È la suggestione di Zucchi: «La mia immagine della piazza è irrimediabilmente segnata dal ricordo del profilo in neon della “segretaria perfetta” nella pubblicità della Kores — racconta —, appesa tra cento altre scritte luminose sulla facciata del palazzo come Piccadilly circus a Londra o Times square a New York: la promessa di una Milano moderna che fonda il grande ottimismo del secolo del dopoguerra». |