Imprese culturali, la mappa delle quattro «Italie» Annachiara Sacchi Corriere della Sera 13/6/2019
Strumento di coesione. Motore economico. Moltiplicatore di bellezza diffuso in tutto il Paese (un Comune su tre ospita almeno una struttura museale, una ogni 12 mila abitanti). Cultura, patrimonio italiano. Da sfruttare meglio — metà dei visitatori di spazi espositivi si concentra in sei sole province — e valorizzare. Come? Il punto sulla questione, con esempi e proposte, si farà oggi a Roma, durante la seconda Conferenza nazionale dell’Impresa culturale promossa da Federculture, Agis, Alleanza delle cooperative italiane e Forum del Terzo settore.
Appuntamento a Palazzo Merulana con i saluti del ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli. Poi via con la discussione. A partire da una mappa, che sarà presentata oggi e che divide l’Italia in quattro «aree culturali». Eccole. Le sette province dei «grandi attrattori maturi» (Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Trento, Bolzano) e cioè i centri più organizzati e abituati a gestire masse di visitatori; i «virtuosi», 46 province/centri che abbinano forte attrazione turistica a presenza di musei (Torino, Genova, Ravenna, Siena, Palermo...); i «territori dinamici», 18 province, meno turistiche ma a forte densità culturale come Caserta, Bari, Matera; i «patrimoni da valorizzare», 36 province da Ascoli Piceno a Frosinone a Lecce che nonostante il rilevante patrimonio culturale (da solo non basta) potrebbero fare meglio (determinante è la gestione). E se in media si calcolano 27 mila visitatori all’anno per ciascun museo italiano, in realtà il 28,7 per cento non ne registra più di mille. Non a caso: su 4.889 istituti, solo il 9,9 per cento ha la biglietteria online o la card di accesso (11,2).
Innovazione
Ospitare un tesoro artistico è una grande risorsa. Ma è l’organizzazione dell’offerta a fare la differenza
Zone che stanno accelerando, altre ancora «dormienti» nella valorizzazione dei tesori artistici e paesaggistici. Mete imperdibili e altre che non sanno gestire i loro beni («è l’organizzazione a fare la differenza»). Per evitare ulteriori divari, la conferenza sottolinea la necessità di «dotare il Paese di infrastrutture gestionali dei patrimoni culturali su cui possano poggiare le reti delle imprese e delle comunità»: in pratica, si chiede di istituire una sorta di «facilitatore» nella relazione con la pubblica amministrazione; nell’accesso a credito e donazioni; nella fiscalità; nella semplificazione; nelle politiche del lavoro. Andrea Cancellato, presidente di Federculture, spiega: «Siamo a disposizione di governo e Regioni affinché la specificità delle imprese culturali sia un’opportunità per il Paese in termini economici, occupazionali, sociali». Aggiunge Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo settore: «È grazie alla cultura che si definisce e costruisce l’identità di una comunità. Il Terzo settore, con i suoi numerosi soggetti attivi in ambito culturale, svolge un ruolo rilevante per contrastare le diseguaglianze e generare sviluppo, soprattutto nelle aree più fragili del Paese». |