Firenze. Nardella: «Ministro, ritiri la riforma» Marzio Fatucchi Corriere Fiorentino 22/6/2019
Nardella chiede a Roma di aprire un confronto: non ci hanno mai consultato, vogliono riaccentrare il potere L’altolà del sindaco a Bonisoli: «L’autonomia dell’Accademia? Mi preoccupa tutto»
«Sono preoccupatissimo. Il ministro Alberto Bonisoli ritiri il decreto che toglie l’autonomia alla Galleria dell’Accademia». La riforma del ministero dei Beni culturali, voluta da Bonisoli, porta il sindaco di Firenze Dario Nardella a chiedere al ministro di fermarsi e di andare ad un confronto soprattutto «con le città d’arte» come Firenze, ma anche con sindacati, categorie e società civile.
Il futuro della Galleria dell’Accademia rende il sindaco Dario Nardella «preoccupatissimo». Ed ora da Palazzo Vecchio parte un appello al ministro Alberto Bonisoli: fermi le macchine, confrontiamoci. È la prima risposta del sindaco Nardella all’approvazione del decreto del Consiglio dei ministri che cancella l’autonomia per la Galleria dell’Accademia (e riorganizza tutto il ministero, compreso il settore museale con un vero e proprio colpo di spugna alla riforma Franceschini). Cioè un invito diretto al proponente, al ministro Bonisoli, a ritirare quel testo e confrontarsi daccapo con tutti, sindaci delle città d’arte comprese, ovviamente interessati per il rapporto fondamentale con queste istituzioni culturali.
«Sono preoccupatissimo, non solo per la galleria dell’Accademia ma per lo schema di una riforma che è pasticciata, superficiale, poco condivisa — ha affermato il sindaco Dario Nardella ieri, dopo che le scelte del ministro sulle Gallerie dell’Accademia sono state anticipate dal Corriere Fiorentino — Faccio un invito al ministro Bonisoli come sindaco di una delle città più rilevanti nel campo del patrimonio culturale e statale: caro ministro ritiri il suo decreto, riapra un confronto vero non solo con il mondo del lavoro nei musei ma anche con gli amministratori locali, i presidenti di Regione, le istituzioni, la cittadinanza e la società civile, perché penso che per la riforma di un ministero si debbano ascoltare tutte le voci e prendere in esame tutti gli aspetti».
Secondo Nardella, infatti, ci sono troppe criticità nel testo approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì notte. «A me questa riforma non convince minimamente — ha aggiunto Nardella —. Appesantisce la burocrazia statale, riaccentra molte funzioni, cancella le cose buone che erano emerse nelle riforme precedenti, mette a rischio il rapporto fra le amministrazioni locali ed i musei autonomi, ed indebolisce nel complesso il sistema sul territorio. Francamente non me la sarei mai aspettata, e mi dispiace molto che il ministro non abbia trovato il tempo di parlare almeno con i sindaci delle città d’arte più importanti d’Italia».
Non si trovano commenti positivi, ad oggi, sulla riforma, se non la nota dello stesso ministro in cui assicurava di aver avuto un «percorso condiviso».
Gli attacchi invece arrivano da tutta l’opposizione, a partire da Forza Italia e Fratelli d’Italia, e ovviamente anche dal Pd. Ma quello che stupisce è il silenzio di Lega e M5S su una scelta così strategica presa dal ministro Bonisoli (considerato vicino ai pentastellati).
Ad attaccare il testo partorito dopo mesi di polemiche sulle caratteristiche «accentatrici» e di «burocratizzazione» (anche dalla stampa specializzata, per esempio Art Tribune ) è anche la deputata dem, fiorentina, Rosa Maria Di Giorgi.
«Abolire l’autonomia delle istituzioni museali comporterà inevitabilmente la fine della libertà di movimento dei direttori che, proprio grazie alla possibilità di impegnare localmente gli introiti, erano stati incentivati a promuovere iniziative culturali, di promozione e formazione nei territori, ottenendo, come nel caso della Galleria dell’Accademia a Firenze, ottimi risultati in termini di numero di visitatori e di innovazione culturale». Secondo Di Giorgi, «l’accentramento delle risorse presso il ministero, attraverso il controllo e la gestione diretta dei bilanci, non viene fatta per migliorare l’organizzazione complessiva del comparto beni culturali. Tutt’altro: alla base ci sono mere esigenze di cassa, anche perché a Salvini e Di Maio la cultura non interessa affatto. Come insegnano, tra le altre cose, l’impoverimento del fondo di finanziamento per i beni e le istituzioni culturali, l’abolizione del Bonus cultura per i giovani (che non sarà rifinanziato) e la fine delle domeniche gratuite nei ai musei».
Un attacco che dalla riforma poi passa al ministro: «Bonisoli sta distruggendo passo dopo passo ciò che il governo precedente aveva fatto con il ministro Franceschini, il quale aveva proposto una nuova idea di fruizione, salvaguardia e promozione dei beni culturali. Il tutto senza produrre nessuna nuova idea, se non lo smantellamento pervicace di quanto realizzato finora». |