Firenze. Roma si prende l’Accademia e gli investimenti sulla città» Marzio Fatucchi Corriere Fiorentino 23/6/2019
Sacchi, assessore alla Cultura: con la riforma Bonisoli usciamo dalla rete dei musei internazionali
Addio agli investimenti decisi direttamente in città, per milioni di euro. Addio alla possibilità di coordinare insieme, qui e direttamente, le attività di promozione e comunicazione di Firenze al mondo. Più difficoltà nel chiedere e dare prestiti di opere d’arte e il rischio di essere espulsi dai circuiti dei grandi musei internazionali. E problemi per antiquari e galleristi. Sono questi i rischi che l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi vede nella «controriforma del ministro Alberto Bonisoli. Io lo invito a sospenderla, a rimettersi ad un tavolo per un confronto con i territori. Ma chiedo anche che tutta la città si renda conto che questa controriforma mette un freno a mano allo sviluppo delle istituzioni culturali di Firenze».
Per Sacchi «ci sono ancora troppi dubbi sull’analisi del testo, ma anche da un confronto con gli esperti del settore i rilievi sono talmente tanti che chiedo che tutti si muovano per far capire che Firenze non ci sta». Il vulnus maggiore è la «cancellazione dell’autonomia per l’Accademia. Gli viene cancellato pure l’Iban», il conto corrente, con il risultato che «l’autonomia contabile non c’è più. E tutti gli investimenti saranno decisi da Roma», con tempi e modalità «che temo siano più lunghi e complessi. Alla faccia dei 5 Stelle che erano contro burocrazia e statalismo. Per fare un esempio, le gare per decidere i condizionatori all’Accademia, una delle croci dei visitatori, chi la decide? Un funzionario in via del Collegio Romano (sede del ministero ndr ), che poi passa la pratica alla direzione gare?». La difesa dell’autonomia «che ha portato, grazie alla nuova direttrice Cecilie Hollberg, gli introiti dell’istituto da 4 a oltre 9 milioni» è motivata dalla capacità «di questi enti autonomi di condividere innovazione, promozione e comunicazione del territorio». L’esempio è la «Firenze card: cambiata più volte in questi anni, in modo veloce, per coprire nuove esigenze. Di nuovo, senza autonomia, con quale ufficio romano dovremmo parlare? Sarebbe possibile ancora farlo senza l’autonomia? Temo di no». Ed anche i maggiori controlli del ministero sugli altri istituti che formalmente restano autonomi, come gli Uffizi, «complicano queste attività. Nel dopo-riforma Franceschini 2014 i musei sono diventati “corpi vivi”, hanno assunto un ruolo fondamentale nella definizione di un’identità culturale forte delle nostre città e di grande spinta europeista... non vorrei che da corpi vivi si tramutassero in “corpi tramortiti”. Ingestibili elefanti prigionieri della burocrazia e dei palazzi romani». Pure il filtro predisposto sui prestiti delle opere d’arte «sembra un freno generalizzato: i musei internazionali corrono, e collaborano, per le più importanti mostre condividendo opere d’arte. I nostri rischiano oggi di rimanere fuori con questi freni dal circuito internazionale di Londra, Parigi, Barcellona, Berlino». Ma anche i «paletti» sull’esportazione creano problemi fiorentini: «Pensiamo alla Biennale dell’antiquariato, ai galleristi, agli antiquari: si rischia di colpire un settore vitale per la città». Tutto questo, per fare una «controriforma dopo solo 4 anni da quella Franceschini: in Europa si valutano le riforme dopo 10 anni, qui si rivoluziona tutto solo per cancellare le cose buone, non per migliorare quelle perfettibili». Da qui l’appello alla città: «Tutti, dalle categorie agli intellettuali, si facciano sentire per convincere il ministro a fermare, confrontare, riflettere». |