FIRENZE - In sei mesi la vittoria di Schmidt: il “Vaso di fiori” torna a Pitti di Elisabetta Berti LA REPUBBLICA 30 giugno 2019
Il 1° gennaio l’appello shock, ora il direttore degli Uffizi esulta: “Vittoria in tempi record” Il dipinto rubato nel 1944 è già in mano delle autorità tedesche, che lo consegneranno all’Italia
È un giorno di gioia a palazzo Pitti. Ma anche alla sede del Mibac e alla Farnesina stanno festeggiando un risultato storico: il ritorno a Firenze del Vaso di fiori del pittore olandese Jan van Huysum, il quadro rubato dal museo fiorentino durante l’occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale e le cui vicende hanno tenuto banco negli ultimi sei mesi. La notizia è arrivata ieri mattina con un comunicato del ministro degli Esteri Enzo Moavero, il quale ha annunciato che, insieme all’omologo tedesco Heiko Maas, sarà presto a Firenze per celebrare l’evento. «È una grande vittoria per tutta l’Italia» ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, «sono felicissimo di questo risultato ottenuto in un tempo da record». In realtà, per ora c’è l’annuncio ufficiale, ma una data certa sull’effettivo ritorno dell’opera ancora non c’è. Sono 75 anni che manca da casa questo quadro del Settecento, uno dei pezzi più importanti della collezione di nature morte di Pitti, nota per essere tra le più ricche e varie al mondo per provenienza. Sta di fatto che da quando Schmidt, lo scorso 1° gennaio con un appello shock portò all’attenzione del pubblico l’affaire del quadro rubato, è passato molto meno tempo di quanto ci si aspettasse: «Sarei felice di vedere tornare a Pitti il quadro entro fine anno» aveva detto il direttore tedesco. Ieri, l’annuncio. Di chi è il merito? «Della stretta collaborazione fra i due ministri Maas e Maovero» afferma la Farnesina, «della diplomazia culturale» ha invece dichiarato il ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli che ieri in un comunicato ha dichiarato che «il dipinto è stato acquisito dalle autorità tedesche» e ha ricordato i colloqui avuti prima con il ministro per la politica estera culturale Michelle Muntefering — dal quale un mese fa era emersa la piena volontà del governo tedesco a collaborare per restituire il quadro che era finito nelle mani di una famiglia tedesca — e infine, pochi giorni fa a Roma, con Monika Grutters, ministra incaricata per la cultura e i media: proprio lei un paio di settimane fa avrebbe dato a Bonisoli la notizia della restituzione, ma sarebbe stato mantenuto il riserbo fino a ieri «perché si stava pensando di organizzare la restituzione in coincidenza con la visita del presidente della Repubblica federale tedesca Frank Walter Steinmeier» continua il comunicato del Mibac. La Farnesina dunque li ha battuti sul tempo. Parallelamente alla diplomazia in questi mesi è andata avanti l’inchiesta, condotta dai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale, aperta nel 2011 dopo l’ennesima richiesta di soldi fatta agli Uffizi da parte della famiglia che deteneva l’opera, e arrivata alla richiesta di una rogatoria internazionale. I reati contestati sono di estorisione e di ricettazione. «Aspettiamo il rientro del quadro, che verrà analizzato e identificato dagli esperti — ricorda il maggiore Lanfranco Disibio, comandante del Nucleo tutela patrimonio culturale di Firenze — poi vedremo quali saranno le valutazioni dell’autorità giudiziaria in merito ai reati. Ciò che caratterizza questa vicenda, che non ha precedenti nella storia del diritto dei beni culturali, è la sinergia tra i tanti soggetti coinvolti: ricordo il ruolo della stampa e dell’Università, che ci ha aiutato a stabilire i contatti con gli avvocati della famiglia tedesca». «La Germania deve restituire il quadro rubato». L’appello del direttore Eike Schmidt per la restituzione del Vaso di fiori di Jan van Huysum era perentorio, ma non si fermava qui: in un video si vedeva il direttore degli Uffizi appendere alla parete della sala dei Putti in palazzo Pitti — quella dove il quadro acquistato dal granduca Leopoldo II aveva sempre dimorato fin dal 1824 — una riproduzione in bianco e nero dell’originale con la scritta “rubato” in tre lingue. Era il primo giorno del 2019 e Schmidt, in maniera eclatante e provocatoria, trasformava un caso giudiziario spinoso e di difficile soluzione in un caso diplomatico. La natura morta del pittore olandese, da quel momento in poi celeberrima, mancava da palazzo Pitti da settantacinque anni, da quando un soldato della Wermacht la prese da una delle casse che si trovavano nel deposito segreto degli Uffizi a Montagnana, vicino Montespertoli, in quella campagna nei dintorni di Firenze dove durante la seconda guerra mondiale molte opere d’arte venivano nascoste per metterle in salvo da bombardamenti e razzie dei nazisti. Il soldato si chiamava Herbert Stock, aveva 34 anni e spedì il dipinto al suo paese, nella futura Germania dell’Est, nel 1944. Perso di vista per molti anni, il quadro rispunta nel 1991, quando gli eredi del militare nazista contattano l’Alte Pinakothek di Monaco per una valutazione, gesto questo che attira l’attenzione di una restauratrice la quale avverte l’allora soprintendente Paolucci e la procura di Firenze. Da qui comincia una vicenda piena di nodi di carattere legale: mentre in Italia il furto di opere d’arte è imprescrittibile, in Germania il reato è prescritto dopo 30 anni, quindi gli eredi del soldato possono tenersi il quadro anche se non possono venderlo. A rivelare i particolari della vicenda è stato nei primi giorni dell’anno il settimanale tedesco Der Spiegel, che riporta l’inchiesta del Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri coordinata dalla procura di Firenze, e la cui ricostruzione è rimbalzata sulla stampa internazionale. Nel frattempo negli anni erano arrivate richieste di “riscatto” da emissari della famiglia tedesca: nel 2008 il ministero dei beni culturali riceve una richiesta di 2 milioni e mezzo di euro per riavere il Vaso di fiori, e poi ancora nel 2011 al Polo museale arriva la richiesta di 500 mila euro. Tutte respinte perché per l’Italia si tratta di un bottino di guerra. La rogatoria internazionale chiesta dall’Italiae finalizzata alla restituzione del quadro — nel registro degli indagati ci sono quattro persone per ricettazione e tentata estorsione — giace inascoltata finché Eike Schmidt costringe i governi ad attivarsi. «Siamo pronti a rispettare la decisione dell’arbitrato» dice in un’intervista a Repubblica l’avvocato degli eredi Nicola B.Kemle, però è mistero sulla ubicazione del quadro. Quello che è seguito poi è stata una manovra a tenaglia data dalla somma di azione giudiziaria e azione diplomatica. Importante il ruolo del Comitato integrato per il recupero e la restituzione dei beni culturali allargato da Bonisoli ad una delegazione del ministero degli Esteri e del ministero della Giustizia. A maggio l’annuncio della piena collborazione da parte del governo tedesco, e ieri la conferma della soluzione. Il caso del Vaso di fiori sugella un sistema di dialogo tra paesi di cui fa parte anche la restituzione da parte dell’Italia di diversi oggetti: tra questi la statua di Maria Maddalena di Andrea Della Robbia: «Sarà restituita alla Germania durante una cerimonia a Berlino appena saranno completate le procedure burocratiche» ha annunciato il ministero.
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