Venezia. Navi, scontro aperto tra sindaco e ministro. L’appello del prefetto Alberto Zorzi Corriere del Veneto 9/7/2019
VENEZIA. «Che sia un errore umano, o un’avaria, o il meteo, è ormai evidente che le navi che passano lì non sono in sicurezza. Bisogna trovare una soluzione tampone per evitare che passino: subito, anche domani mattina». Il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto si appella al Mit e alla Capitaneria di Porto che hanno le competenze per bloccare subito il passaggio delle grandi navi. E lo fa mentre il sindaco Brugnaro attacca il ministro «Colpa sua» e questi gli risponde piccato: «Il sindaco straparla, mai così vicini a una soluzione dopo anni di inerzia».
VENEZIA. «Le nuove misure di sicurezza sono state provvidenziali e non penso che possano esserci tanti miglioramenti. Che sia un errore umano, o un’avaria, o il meteo, è ormai evidente che le navi che passano lì non sono in sicurezza. Bisogna trovare una soluzione tampone per evitare che passino: subito, anche domani mattina». Il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto si fa serio. Da uomo dello Stato sul territorio percepisce che siamo vicini al limite di non ritorno, che la città non ce la fa più. «La manifestazione di un mese fa, con quasi 10 mila partecipanti, ha dimostrato che c’è una forte adesione dei veneziani alla protesta contro le crociere», continua Zappalorto. Ma il problema è sempre quello: le soluzioni e soprattutto i tempi.
Ieri il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è tornato all’attacco del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, attribuendogli la «responsabilità maggiore» degli incidenti per aver bloccato la soluzione scelta nell’ormai famoso Comitatone del 7 novembre 2017: cioè l’approdo a Marghera (nella sponda nord del canale industriale nord) per le navi più grandi e l’arrivo in Marittima di quelle medie attraverso il canale Vittorio Emanuele adeguato, visto che oggi è per lo più interrato. «Il tempo dell’attesa è finito, siamo molto arrabbiati - dice Brugnaro - Il Vittorio Emanuele si può realizzare in circa un anno, con capitali privati, in attesa di progetti alternativi che necessitano di tempi più lunghi». Brugnaro aveva anche proposto di usarlo già da subito per togliere il 10-15 per cento delle navi da San Marco, anche se si tratterebbe solo di quelle più piccole. «Straparla come al solito», è stato il gelido commento di Toninelli. «Dopo anni di inerzia siamo vicini a una soluzione seria - continua il ministro - Marghera è un’opzione scellerata per la sicurezza e l’ambiente».
In questa tenzone, ovviamente, Zappalorto si tiene ben lontano. «Non spetta a me dire quale sia la migliore, la competenza ce l’hanno il Mit e la Capitaneria, spetta a loro convocare le conferenze di servizi», continua. Però si lascia scappare che «devono essere praticabili in tempi rapidi, non tra dieci anni» (che per esempio sarebbe l’orizzonte dell’ipotesi Chioggia, che piace al ministro più di San Nicolò del Lido, l’altra in campo) e che va salvaguardata la Marittima: «Lo dico anche da cittadino, sarebbe un peccato perderla perché è un gioiello di efficienza e funzionalità su cui sono state investite decine di milioni». Per quest’ultima opzione, però, serve il Vittorio Emanuele.
In realtà il dibattito è ancora aperto. La stessa Vtp, gestore del terminal della Marittima, che già aveva fatto il progetto per lo scavo del Vittorio Emanuele in project financing , sta vagliando altre ipotesi di attracco immediate, che non prevedano scavi perché c’è il problema del «protocollo fanghi», che è ancora in fase di aggiornamento e non sarà pronto prima di qualche mese: nessuno si sbottona, ma in passato si erano ipotizzati terminal a San Leonardo (rilanciato di recente dall’ex capo pilota Saul Mazzucco in collaborazione con l’ingegner Andrea Rinaldo) e a Fusina (sostenuto per esempio dai consiglieri del Gruppo Misto Ottavio Serena e Renzo Scarpa), che consentono l’ingresso dalla bocca di Malamocco ma senza arrivare fino alle fabbriche di Marghera. Ieri il Comitato No grandi navi, che ieri con l’ex docente Andreina Zitelli è tornato a chiedere lo stop immediato ai passaggi, ha poi rivelato che Msc avrebbe chiesto al presidente del Porto Pino Musolino di poter attraccare alla propria banchina commerciale (terminal Tiv), modificando la concessione, che scade nel 2023. Una notizia non confermata, anche se fonti portuali fanno sapere che questo rischierebbe di snaturare l’intero porto commerciale.
Quel che è certo, anche se nessuno lo vuole dire, è che anche le compagnie sono stanche di questa situazione. Prima del Comitatone del 2017 avevano proposto lo scavo del Vittorio Emanuele, pronte a finanziarlo (ancor più che Marghera), e da tempo dicono di essere disponibili a lasciare il canale della Giudecca e il bacino di San Marco, ma solo ovviamente in presenza di una «via alternativa»: come la definiva il decreto Clini-Passera che già nel 2012, dopo l’incidente della Costa Concordia al Giglio, aveva posto il principio dello stop alle navi troppo grandi. Anche perché questi episodi fanno il giro del mondo e sono un grave danno d’immagine.
«Il sindaco Brugnaro accusa il governo solo perché non accontenta le sue richieste - tuona la senatrice 5s Orietta Vanin - Non è scavando i canali che si risolve il problema». Chiede un nuovo Comitatone al più presto il Pd: «Il governo lo convochi subito e proponga una soluzione che tuteli sia la città che l’ecosistema». All’attacco anche i Verdi: «Sospendere i passaggi in condizioni meteo non ottimali». |