Lecce. Museo aperto ma vuoto. Il professor D’Andria: delusi i colleghi stranieri Antonio Della Rocca Corriere del Mezzogiorno - Puglia 21/8/2019
«Molti amici e colleghi stranieri si sono lamentati». È quanto rivela il professor Francesco D’Andria, noto archeologo dell’Università del Salento, a proposito del caso del museo Castromediano di Lecce lasciato vuoto. «L’inaugurazione? Una beffa», dichiara. Il noto archeologo dell’ateneo di Lecce: «Potevano utilizzare le grandi collezioni. Inaugurazione beffa»
Lecce. «Ho saputo della inaugurazione del Museo Castromediano, a cui non ho potuto partecipare, però tanti amici mi hanno detto che è stata una cosa molto sontuosa, in pompa magna, con la partecipazione di personalità, ma questi stessi amici si sono lamentati con me, così come alcuni colleghi stranieri ai quali avrei voluto mostrare le collezioni che invece non ci sono», racconta l’archeologo Francesco D’Andria. Lo studioso, già direttore della Scuola di Archeologia dell’Università del Salento, aggiunge il suo punto di vista critico alla dialettica sviluppatasi in questi giorni attorno al Museo Sigismondo Castromediano di Lecce, inaugurato il 22 giugno senza nulla al suo interno, se si esclude una colonnina messapica, un’opera d’arte moderna e poco altro.
Professor D’andria, cosa pensa della situazione del museo?
«C’è una delusione diffusa per il fatto che le collezioni non sono presenti, malgrado il museo sia aperto».
Lei è un’autorità in campo archeologico. Tra le altre cose ha scoperto l’anfiteatro romano di Rudiae e il santuartio di Atena sul capo iapigio di Castro, di cui parlano Strabone e Dionigi di Alicarnasso, ed è anche membro dell’Accademia dei Lincei. L’hanno mai interpellata per sistemare le collezioni archeologiche del Castromerdiano?
«Il direttore del Polo biblio-museale di Lecce, Luigi De Luca, mi aveva invitato circa due mesi fa chiedendomi di collaborare all’allestimento, ma solo per quello che riguarda gli anfiteatri».
E com’è andata?
«Abbiamo fatto una riunione di carattere molto generale e poi basta. Non so cosa sia accaduto dopo. Non so assolutamente nulla neppure sull’allestimento che riguarda i messapi».
Oggi l’unica traccia del messapi nel museo è la Colonnina di Patù. Non le pare troppo poco?
«Devo dire che, essendomi recato al museo, nel vedere quella colonnina come unica attestazione della civiltà messapica ho avuto la sensazione di una beffa, perché nessuno l’ha ancora studiata, non si sa esattamente cosa sia, non è stata letta. Sembra un feticcio inutile. È chiaro che tutte queste cose offrono il fianco a critiche che possono essere giustificate».
Secondo lei sarebbe stato possibile fare un allestimento almeno parziale, utilizzando anche una piccola porzione delle testimonianze antiche che giacciono nei depositi?
«Sì, secondo me si potevano almeno presentare le grandi collezioni, per esempio quella della ceramica che vanta dei capolavori. Se mi avessero chiesto qualcosa lo avrei suggerito».
La Regione ha pianificato il rilancio del Museo provinciale Castromediano che rischiava la decadenza.
«Dopo la riforma Franceschini che ha abolito di fatto l’archeologia cancellando le Soprintendenze archeologiche, la legge Delrio ha fatto il resto dei danni senza spiegare da chi sarebbero state esercitate le funzioni delle Province. Queste sono riforme improvvide sui beni culturali, sulle quali anche l’Accademia dei Lincei si è espressa con un documento caduto nel vuoto perché era indirizzato al ministro Bonisoli, il quale non ha risposto perché non conosce bene i problemi dei beni culturali essendosi sempre occupato di moda. La moda è parte dei beni culturali, ma esiste anche il David di Michelangelo. A Bari c’è un polo museale del ministero del Beni culturali e un altro polo biblio – museale della Regione e tutto questo crea un’enorme confusione dalla quale non credo che usciranno dei buoni risultati».
Qual è stato finora il ruolo della Regione?
«L’assessora alla Cultura, Loredana Capone, ha cercato di porre rimedio a tutto questo. Poi c’è il discorso dell’inaugurazione del museo Castromediano vuoto, cosa che non doveva avvenire. Loredana Capone ha proposto la gestione regionale e la collaborazione con l’Università. Soprattutto dopo la morte del direttore del museo, Tonino Cassiano, la struttura era rimasta priva di qualsiasi interlocutore. Certo, oggi è triste che Lecce non abbia un museo, se si esclude il museo Faggiano sulla cui consistenza scientifica esprimo molti dubbi». |