Lecce. Museo vuoto, la rabbia dei critici Corriere del Mezzogiorno - Puglia 22/8/2019
Bonito Oliva e Sgarbi si scagliano contro la decisione di aprire senza opere esposte
«Un caso di originalità museale: esporre il vuoto e produrre una sensazione di horror vacui ». Così Achille Bonito Oliva si esprime sul museo Castromediano di Lecce, aperto al pubblico ma privo di opere. Rincara la dose Vittorio Sgarbi: «Operazione intollerabile e ridicola».
LECCE. «È un caso di originalità museale quello di esporre il vuoto e produrre nello spettatore una sensazione di un horror vacui ». L’incipit, con locuzione latina finale, che tradotta letteralmente significa «terrore del vuoto», ha un illustre copyright, quello di Achille Bonito Oliva, critico d’arte, accademico e saggista che ha espresso il suo pensiero sul museo Sigismondo Castromediano di Lecce inaugurato con una festa sfarzosa il 22 giugno scorso e aperto al pubblico per 15 ore al giorno pur essendo quasi completamente vuoto.
Cinquemila metri quadrati in cui il nulla è quasi totalmente sovrano e cinque dipendenti che ci mettono la faccia. In compenso, però, vi è un’ottimo sistema di climatizzazione che offre refrigerio in una Lecce stretta nella morsa della calura estiva.
«È un vuoto che ha uno spessore storico, che viene da lontano. Un vuoto che evoca antiche civiltà – argomenta Bonito Oliva – e in questo vuoto, mediante l’attraversamento delle sale, si può ipotizzare, fantasticare, ma senza inciampare in un’opera. Sembra un’operazione involontaria di arte concettuale applicata al sistema museale». Andando poi al cuore della vicenda, «è un paradosso avere inaugurato il contenitore e che lo spettatore debba godersi solo le mura; ma questo non solo è paradossale ma pure sbagliato perché i tempi per l’allestimento non sembra vengano accelerati».
Poi la bocciatura tout court dell’idea di un «museo cantiere» sostenuta dal direttore Luigi De Luca. «I musei – afferma Bonito Oliva – sono luoghi di accoglienza dell’arte. E allora se non c’è all’interno la sequenza di opere promesse, prevale un concetto di contenitore assolutamente retorico, assurdo, che può essere motivato per un brevissimo periodo, ma in questo caso sono passati mesi dall’inaugurazione».
Quel «vuoto» è stato, tuttavia, inaugurato con un evento solenne sulle note dell’Orchestra sinfonica di Lecce e del Salento Oles. «Direi che l’inaugurazione è in sintonia con l’idea del Barocco. Il Barocco è la riproduzione di un eccesso, ma in questo caso l’eccesso è un vuoto completo esposto e celebrato attraverso la musica che già di per sé è un linguaggio smaterializzato» conclude Achille Bonito Oliva.
Sull’operato del direttore del museo e della Regione Puglia che ha finanziato la ristrutturazione del Castromediano, si abbatte anche la censura di Vittorio Sgarbi: «Un museo vuoto è come un bar dove non trovi la Coca Cola, il Martini, il vino, il cocktail, il prosecco. È come un ristorante senza cibo».
Il critico d’arte sceglie una via chiara e semplice per spiegare come la pensa. «Conosco il Museo Castromediano ed ho memoria dell’amico Tonino Cassiano che ne fu il direttore. Potevano aprire un giorno soltanto mostrando gli spazi e fare dopo l’inaugurazione con i visitatori: le persone intelligenti che vivono Lecce come una grande città della cultura, oltre che della movida. Quello che è stato aperto non è un museo, ma solo uno spazio».
La Regione Puglia, che con la Provincia di Lecce gestisce il Castromediano, finisce sotto accusa: «Vorrei vedere Emiliano andare a mangiare le cozze in un ristorante che non abbia cibo. Emiliano, o i suoi funzionari, ma evitiamo di fare un discorso diretto sul presidente, hanno fatto una ingenuità che non ha nessuna giustificazione. È una cosa assolutamente intollerabile, ridicola, un insulto a Lecce, un insulto alla sua storia ed è la dimostrazione che quello che nessuno si sognerebbe di fare con un bar o con un ristorante, si pensa di farlo con un museo».
L’ultima chiosa di Vittorio Sgarbi riguarda la presa di posizione dell’archeologa Rita Auriemma, coordinatrice del comitato scientifico per riallestimento del museo, schieratasi anch’essa in difesa dell’opzione di tenere aperte le porte del prestigioso contenitore culturale pur senza i suoi tesori: «L’archeologa – dice Sgarbi – non deve diventare l’avvocato di una causa persa. Smetta di dire certe cose e immagini una biblioteca senza libri. La pinacoteca o la biblioteca non sono lo spazio. Ha senso andare in una biblioteca e non trovare neanche un libro»?
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