FIRENZE - L'addio dei frati al monastero di Fra' Bonaventura di Zuliani Ivana Corriere Fiorentino di sabato 2 novembre 2019, pagina 8
SCARPERIA SAN PIERO A SIEVE Bosco ai Frati e uno dei luoghi religiosi più antichi del Mugello, casa dei religiosi prima basiliani, poi francescani, da oltre mille anni. In tutti i suoi secoli di storia è accaduto solo tre volte che i frati abbiano dovuto abbandonare il monastero: per la grave peste che colpì la Toscana del 1349, nel 1810 per le imposizioni napoleoniche e granducali e infine nel 1866 per le leggi del Regno d'Italia sulla soppressione dei conventi. Ma ora i frati dell'Immacolata dalle vesti azzurre che vi abitano, guidati da padre Giuseppe, dovranno lasciare un'altra volta il monastero, come anticipato dal sito Il Filo del Mugello. La decisione è stata presa dalla Congregatio Fratrum Franciscanorum Immaculatae, l'istituto religioso di diritto pontificio a cui il complesso, di proprietà dell'Ordine dei Frati Minori, è stato affidato 13 anni fa in comodato d'uso. «Ci sono pochi frati e tante spese per mantenerlo, la chiesa e il museo no, ma in alcune parti del convento il tetto è a rischio di crollo», spiegano al telefono i monaci di Bosco ai Frati. «Per i fedeli è un duro colpo, noi siamo abituati a cambiare, siamo missionari: certo c'è l'affetto, l'amicizia che si crea con le persone, ma abbiamo i muscoli». Due dei tre frati saranno trasferiti tra dieci giorni, un altro rimarrà per qualche altro mese, ma poi se ne andrà anche lui. I religiosi seguono la regola francescana stretta, vivono solo di offerte e di quello che la gente gli porta. Anche l'acqua che i padri bevono per esempio è donata da anni da Acqua Panna, che ha lo stabilimento poco lontano: il convento infatti non è allacciato alla rete idrica pubblica, per gli usi domestici viene usata l'acqua piovana raccolta in una cisterna all'interno del chiostro, o quella presa dal pozzo nell'orto. Per l'uso potabile arrivano le bottiglie nei cartoni dalla fabbrica di Panna. Il convento risale al 600 e dal 1012 è affidato ai frati francescani: nel 1273, Fra' Bonaventura da Bagnoregio, che in seguito verrà fatto santo, ricevette dagli emissari di Papa Gregorio X, nell'orto del convento, le insegne cardinalizie, mentre era intento a sciacquare piatti e pentole in un grande catino di pietra (tuttora presente). Questo luogo di fede è anche uno scrigno d'arte: l'architettura è firmata da Michelozzo, da qui provengono La pala di Bosco ai Frati del Beato Angelico oggi al museo di San Marco a Firenze e il trittico di Nicolas Froment, Resurrezione di Lazzaro, alla Galleria degli Uffizi. Ma altre opere sono rimaste e arricchiscono la chiesa, il convento e il piccolo museo allestito nella sala del Capitolo: la tela di Jacopo Ligozzi, datata 1589, «Allegoria del cordone di San Francesco», il dipinto «La deposizione» di Lodovico Cardi, detto «il Cigoli», una tavola su legno di Antonio del Ceraiolo che raffigura «L'Annunciazione» e il crocifisso ligneo attribuito a Donatello. Nel complesso vengono organizzate visite guidate, grazie all'opera dei volontari: gli ingressi non hanno biglietto, sono a offerta libera. Il percorso museale rimarrà aperto, spiegano i volontari, «ma un convento senza frati non è la stessa cosa».
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