Giustizia e salvezza per la Laguna di Venezia di Tomaso Montanari 14 novembre 2019 - LA REPUBBLICA
"Ora d'arte" sull'agonia di una straordinaria opera, creata insieme dalla natura e dagli uomini. Che oggi è l'ombra di se stessa
Quella che vedete è un’opera d’arte: tra le più grandiose e insieme tra le più fragili che esistano sulla Terra. È la Laguna di Venezia: e come spesso succede con i capolavori italiani, è stata creata insieme dalla natura e dagli uomini. Alleati e amici tra loro. Per mille anni la Repubblica Serenissima ha vegliato sul delicato equilibrio di questa particolarissima “campagna” che circonda Venezia.
In natura, una laguna ha una vita limitata: o vincono i fiumi che portano materiali solidi verso il mare, e si trasforma in palude e piano piano si interra, oppure vincono le correnti marine, che tendono a renderla un golfo. I veneziani capirono che tenere in vita la laguna salmastra voleva dire assicurarsi uno scudo naturale sia verso la terra che verso il mare. Non mancarono le discussioni: celeberrima quella cinquecentesca tra Alvise Cornaro, che avrebbe voluto bonificare la Laguna, e Cristoforo Sabbadino, che ne difese vittoriosamente la manutenzione continua.
Il Magistrato alle acque, fondato nel 1505, e improvvidamente soppresso dal governo italiano nel 2014, aveva la responsabilità di attuare questa difesa. Sul suo palazzo si poteva leggere una iscrizione latina che Salvatore Settis ha tradotto così: «La città dei Veneti, per volere della Divina Provvidenza fondata sulle acque e circondata da una cerchia di acque, è protetta dalle acque in luogo di mura: e pertanto chiunque in qualsiasi modo oserà arrecar danno alle acque pubbliche venga condannato come nemico della patria e punito non meno gravemente di chi violasse le sante mura della patria. Il disposto di questo editto sia immutabile e perpetuo».
Con l’avvento dell’Italia unita questa storia si è interrotta, ed è definitivamente collassata negli ultimi quarant’anni. Per fare entrare le Grandi Navi si sono dragati e approfonditi i canali d’accesso, e contemporaneamente si è abbandonata la secolare manutenzione della Laguna. Nel frattempo, la città si è spopolata a causa di un turismo predatorio, ed è oggi l’ombra di se stessa.
L’agonia della Laguna ci insegna che non possiamo chiamare progresso quello che ci fa correre verso la morte. «La storia di Venezia è la storia di un successo nel governo dell’ambiente, che ha le sue fondamenta in un agire statale severo e lungimirante, nello sforzo secolare di assoggettamento degli interessi privati e individuali al bene pubblico delle acque e della città» (Piero Bevilacqua): giustizia e sopravvivenza sono ormai una sola cosa. La Laguna, la nostra piccola Amazzonia, ce lo ricorda con ogni suo, affannoso, respiro.
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