Torino. All’Egizio nasce il museo del Museo Paolo Morelli Corriere della Sera - Torino 20/12/2019
Un museo dentro il museo: cinque sale per raccontare duecento anni di storia dell’Egizio. Nei nuovi spazi trovano posto antiche litografie e reperti accanto a supporti digitali interattivi e video. E c’è anche la fedele ricostruzione di un ambiente museale dell’Ottocento. Un primo passo verso il bicentenario nel 2024. Il prossimo sarà il riallestimento di nuove sale previsto per maggio.
Piccole sale che si aprono nell’ipogeo, dove i visitatori partono alla scoperta dei faraoni. Qui, al piano interrato dell’ex Collegio dei Nobili, il Museo Egizio ieri ha svelato le nuove «sale storiche». Un museo nel museo dove scoprire, con un percorso organizzato in maniera circolare, la risposta alla domanda più classica: «Perché il Museo Egizio si trova a Torino?».
La piccola e grande storia parte dal legame del mondo egiziano con la città, nato quattro secoli fa con il ritrovamento di un cippo, nei pressi dell’attuale via Cernaia, con riferimenti alla dea Iside. Nacque così l’interesse dei Savoia, intenti a creare una narrazione che collegava Torino all’Antico Egitto e che poi, con l’acquisto di diverse collezioni (dai Gonzaga a Drovetti), diedero vita al nucleo originale del museo, nato ufficialmente nel 1824.
L’allestimento permanente, costato 350 mila euro (risorse del museo), ricorda tutti i passaggi ed è stato modellato intorno agli studi del curatore Beppe Moiso e dell’archivista Tommaso Montonati, durati un anno e mezzo. L’intervento sulle sale storiche, ideate nel 2015, proietta l’ente verso il bicentenario del 2024.
«Sono punti di partenza — ha spiegato Evelina Christillin —. Due giorni fa abbiamo incontrato il ministro Lorenzo Fioramonti per discutere del riconoscimento come ente di formazione (l’Egizio organizza numerosi corsi anche all’estero, ndr). Abbiamo un grande progetto per il 2024 e il prossimo maggio apriranno nuove sale negli spazi della vecchia caffetteria».
Nel frattempo il museo si racconta e lo fa mostrando anche una sala allestita come usava nell’800, con alcune teche dell’epoca e i cartellini scritti a mano da Francesca Guercilena, impiegata dell’ufficio amministrazione dell’Egizio che ha rivelato un talento nella calligrafia. Si srotola l’intero «libro dei morti», con spiegazioni puntuali dei geroglifici, si scompone la «Mensa Isiaca» per scoprirne le meraviglie tecniche, si pongono problemi etici, come quello sulla «depredazione» dell’Egitto che ha dato vita a molti musei, tra cui quello di Torino. Ma lo sguardo, in queste sale, è rivolto anche a ciò che accadeva altrove. Si arriva agli anni bui del fascismo, alla direzione di Giulio Farina, contrario al regime (che per questo gli tolse una missione di scavo), che portò in salvo i reperti durante la guerra, spostandone una parte al Castello di Agliè, fino alla rinascita con Silvio Curto nel dopoguerra.
Ora l’Egizio «chiama» il pubblico: c’è tempo fino al 31 gennaio per inviare (a comunicazione@museoegizio.it) una foto o un video che raccontino un ricordo legato al museo, con nome e data, per la campagna «#IlMioEgizio». Perché di questa lunga storia fanno parte anche i visitatori.
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