Pietrabuona. Qui volano sogni di carta Giulia Gonfiantini Corriere Fiorentino 31/12/2019
Il museo, l’archivio d’impresa, il percorso tra le vecchie fabbriche dei mastri cartai lungo il fiume Pescia Viaggio a Pietrabuona dove si tornano a produrre fogli filigranati: un sapere prezioso tramandato da generazioni
«Napoleone, il grande imperatore, re, etc. etc.». L’iscrizione suggerisce l’eccellenza della carta impreziosita da una filigrana di tale specie. Le mani che la realizzarono hanno tramandato uno dei mestieri che più hanno dato forma al paesaggio, anche culturale ed economico, delle valli attraversate dal fiume Pescia: quello dei mastri cartai. L’opificio «Le carte» delle cartiere Magnani di Pietrabuona, che per Bonaparte realizzarono il foglio sul quale fu impressa la dichiarazione di nozze dell’imperatore francese con l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria, oggi è sede di un museo e di un ricco archivio d’impresa.
Entrambi costituiscono il primo step di un progetto di ampio respiro che si propone di valorizzare l’eredità di secoli di attività cartaria tra Lucca e Pescia. Dove, con il favore della presenza di corsi d’acqua limpida, si produce carta dal 1400, tra esempi di archeologia industriale incastonati tra le montagne e imprese che animano un distretto ancora leader in Europa nei prodotti tissue e da imballaggi. Da novembre sono state riaperte anche le vie degli antichi cartai: venti chilometri di sentieri e strade lastricate che i lavoranti percorrevano a piedi per raggiungere le cartiere delle valli tra Villa Basilica e Pescia. Recuperate dopo oltre 50 anni di abbandono, sono anch’esse parte del progetto «La via della carta in Toscana», ideato dieci anni fa da Lucense (organismo lucchese di ricerca) e realizzato in collaborazione con il Comune di Villa Basilica e il Museo della carta, con fondi Ales e il sostegno della Regione, della Fondazione Caript e del Comune di Pescia.
«In cartiera lavoravano molte donne: attraverso i sentieri le cosiddette fabbrichine arrivavano ogni giorno dai paesi della montagna», racconta Mario Nardi, proprietario di una ex cartiera a Villa Basilica, lungo la tortuosa via della carta che sulle sponde del Pescia Minore vide sorgere decine e decine di aziende produttrici di cartapaglia. Inventata nel 1834 dal farmacista villese Stefano Franchi, divenne il prodotto di punta di Villa Basilica — mentre a Pescia si continuò con la carta fatta mano a partire dagli stracci — finché l’industria alimentare non si è orientata su altri materiali. Per l’opificio Nardi, che come i vicini Calamari e Birindelli è testimone di un passato rigoglioso, ora «La via della carta in Toscana» apre alla possibilità di una ristrutturazione in chiave ricettiva: quando chiuse, attorno al ‘71, c’erano oltre 200 aziende. «Avevo circa vent’anni: mio padre era stato preceduto da mio nonno — prosegue Mario Nardi — in un mestiere, quello del fare la carta, che era faticoso, di braccia». A partire da un composto di paglia, calce viva e acqua, cotto per ore in un bollitore, si ottenevano i fogli che al primo piano erano appesi ad asciugare negli essiccatoi, che a tale scopo avevano soffitti alti e pieni di fili. La cartiera era un piccolo regno, tanto che si parla di società incapsulata: il capo fabbrica era chiamato ministro, i segreti del mestiere non dovevano uscire dalle sue mura.
Oggi non sono andati perduti. A Pietrabuona l’apertura del Museo della carta, nato nel ‘96 come associazione, e dell’archivio Magnani, inaugurato nel 2016 e che dal 2020 diventerà completamente accessibile al pubblico, hanno condotto a un progetto ulteriore. Entrambi hanno sede all’interno dell’opificio «Le carte», dove i restauri hanno interessato anche i macchinari e dove a novembre sono state aperte tre nuove sale di consultazione. «Siamo un museo d’impresa che custodisce 700 metri lineari di documentazione relativa all’attività dei Magnani, che facevano carta per tutto il mondo: da lettere e registri si ricostruiscono rapporti con fornitori e clienti», dice il direttore Massimiliano Bini. Vi compaiono artisti come Morandi e D’Annunzio, istituti bancari ai quali l’azienda forniva carta moneta e grandi industrie come Eternit, Peroni e Motta. Un racconto prezioso dello sviluppo industriale del nostro Paese e non solo. «Dall’Argentina all’Iran, questa carta è arrivata ai quattro angoli del globo — prosegue Bini — fin dal ‘700. Oltre che per lo studio e la ricerca attorno alle collezioni, l’archivio è stato utile per creare una nuova impresa. Alla base, ci sono l’idea di un museo vivo e l’intento di salvaguardare il patrimonio immateriale del posto». E così a Pietrabuona, dove è stato recuperato anche lo storico marchio Enrico Magnani, si torna a produrre carta filigranata a mano. Otto anni fa cucitrici, cartai e filigranisti ormai in pensione hanno ripreso a trasmettere il loro sapere ai giovani all’interno di un’impresa sociale che al momento conta nove soci. «Hanno ritrovato la propria storia, ci interessa ricostruire una comunità attorno a questa attività», aggiunge Bini. Il museo si è fatto sia garante della tradizione sia incubatore. E dagli antichi segreti, fonte di un’eccellenza amata da sovrani e industriali, ricava l’ispirazione per il futuro. |