Napoli. Lo sfratto del principe d’Avalos. L’avvocato: «Trattato da criminale» Paolo Di Martino* Corriere del Mezzogiorno - Campania 11/1/2020
* Legale della famiglia d’Avalos
Il legale del discendente della nobile famiglia critica le modalità dell’allontanamento da casa
Dopodomani, lunedì 13 gennaio, scade il termine ultimo entro il quale la Vasto Srl della famiglia Ferlaino dovrà presentare il progetto per il recupero di Palazzo d’Avalos e in particolare del piano nobile nel quale hanno abitato ininterrottamente, dalla sua fondazione, i blasonati di origine spagnola venuti a Napoli al seguito di Alfonso d’Aragona. Fino all’altro ieri, quando è andato in scena il triste epilogo di un’annosa vicenda giudiziaria: lo sfratto del principe Andrea d’Avalos — classe 1971, nato a Londra e con una laurea a Oxford — e della sua anziana e malata madre. Da queste colonne abbiamo raccontato le testimonianze di quella che è stata definita «un’irruzione con un dispiegamento di forze irrituali». I risultati ottenuti dall’inchiesta del Corriere del Mezzogiorno sono stati finora due: la messa in sicurezza del prezioso Archivio di famiglia presso l’archivio di Stato. E l’intervento del Mibact che, attraverso il suo direttore generale Salvo Nastasi, in base al Codice dei beni culturali, ha imposto i lavori alla Vasto. Carte e muri sono stati messi in salvo, così non è andata per i d’Avalos in carne ed ossa. Per sbrogliare la matassa legale ci vorrebbero pagine come praterie. Ne offre una sintesi l’avvocato Paolo Di Martino che ha assistito prima Francesco d’Avalos e poi il figlio Andrea. Lo pubblichiamo di seguito.
A
Il Corriere del Mezzogiorno ha seguito con precisione il caso di Francesco d’Avalos, ieri giunto al termine con l’immissione nel possesso, in favore del Ferlaino, dell’intero Palazzo d’Avalos ed il definitivo allontanamento dalla propria dimora del Principe e di sua madre. Ho pure notato che il Corriere del Mezzogiorno , unico giornale ad interessarsi con coraggio della vicenda, ha anche rappresentato con polso le fasi del rilascio, eseguite — come ben narrato da un corposo «commando» di agenti con giubbotti antiproiettili e che, al seguito dell’irruzione nel Palazzo, ha accerchiato il d’Avalos, trattandolo come il più pericoloso dei criminali. Mi sono sorpreso, in tutta sincerità, che poi, all’uscita, non siano stati esplosi in aria anche colpi di pistola per festeggiare e che il corpo del d’Avalos non sia stato trascinato intorno alle mura del Palazzo.
Tuttavia, la narrativa del fatto storico, per quanto in sé toccante, trasudante al contempo sconcerto per le modalità esecutive, non esaurisce la drammaticità dell’accaduto. Ciò che veramente occorre spiegare sono le ragioni per le quali tutto questo è stato possibile.
Nel corso del tempo, infatti, in sfavore del d’Avalos, si sono ripetute, ad opera del Tribunale e della Corte d’Appello di Napoli, sentenze infauste che hanno consolidato in me l’amara consapevolezza dello strapotere della magistratura. Aggrava la perdita di qualsiasi fiducia nel sistema della giustizia la circostanza, benché il d’Avalos abbia denunziato ripetutamente dette arbitrarietà in ogni sede, ed io stesso ne sia testimone, che, sino ad oggi, in molti, ai quali io stesso nell’esercizio del mio mandato mi sono rivolto, nonostante le loro qualità, funzioni e compiti, abbiano immotivatamente deciso di non dover ascoltare. Rimango chiaramente a disposizione della Procura della Repubblica .
|