Torino. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo: «La vera arte sia aperta a tutti» Alessandro Martini - Maurizio Francesconi Corriere della Sera - Torino 16/1/2020
La sua Fondazione compie 25 anni e Patrizia Sandretto Re Rebaudengo si racconta e parla della grande passione e dell’impegno per il collezionismo. «Un collezionismo — spiega — che sia accessibile e non autoreferenziale». Perché, sottolinea ancora, l’arte deve avere una ricaduta sul territorio e sulla gente. Nel suo libro «Viaggi d’arte. Giro del mondo con 60 collezionisti», Patrizia Sandretto ha raccolto le interviste pubblicate dal 2014 a oggi sulla rivista «How to Spend It» e da lei realizzate con grandi collezionisti: il primo che ha intervistato è stato il greco Dakis Joannou.
«Quest’anno compiamo 25 anni!». È con il suo inesauribile entusiasmo che Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ci accoglie per chiacchierare della sua Fondazione, della passione (e dell’impegno) del collezionare e del suo nuovo libro. Sul collezionismo, e in particolare del suo ruolo sociale e della sua presenza nel mondo contemporaneo, Patrizia Sandretto ama riflettere e dei collezionisti ama parlare, e non da oggi.
Il suo impegno per «un collezionismo che sia accessibile e non autoreferenziale», ci dice, risale a molti anni addietro. Nel 2014 è stata lei a proporre al ministro Franceschini la costituzione del Comitato Fondazioni Italiane Arte Contemporanea. «Il ministro aveva rivolto un appello alla collaborazione con i privati, e io ho sempre creduto alla sinergia tra soggetti diversi. È stato naturale andare verso l’associazione tra 14 istituzioni private attive in Italia. Tra i pochi requisiti: avere una storia solida alle spalle e uno spazio aperto al pubblico». Patrizia Sandretto ha un interesse sopra tutti: l’arte e il suo valore di ricaduta sul territorio. Questa attenzione appare evidente anche nel libro Viaggi d’arte. Giro del mondo con 60 collezionisti (Il Sole 24 Ore, 184 pp. 25,00 euro), che raccoglie le interviste pubblicate dal 2014 a oggi sulla rivista «How to Spend It» e da lei realizzate con grandi collezionisti internazionali. Alcuni sono celeberrimi, altri pochissimo noti al grande pubblico. Ci tiene a sottolineare che «tutti coloro che ho intervistato in questi cinque anni hanno deciso, ciascuno a proprio modo, di rendere fruibile la propria collezione. Chi attraverso una fondazione o un museo privato, chi aprendo la propria casa, chi attraverso il sostegno a grandi istituzioni». Ha raccontato collezionisti provenienti dai quattro angoli del globo, «ciascuno a suo modo stimolante e con qualcosa da insegnare. È interessante la condivisione tra noi collezionisti, si scopre molto delle personalità e non solo dei gusti di ognuno. Il primo che ho intervistato è il greco Dakis Joannou, un uomo intelligente e curioso con una delle più belle collezioni esistenti». Famoso tra il grande pubblico per il suo yacht disegnato da Jeff Koons, Joannou di quest’ultimo ha affermato: «Se non lo avessi incontrato a New York, non sarei mai diventato un collezionista». E Jeff Koons (il cui Rabbit nel maggio del 2019 è stato battuto all’asta da Christie’s per la cifra da capogiro di 91 milioni di dollari trasformandolo nell’artista vivente più caro della storia) è proprio uno di quegli artisti blue-chip (cioè considerati un investimento «sicuro») che sono ricorrenti in molte delle collezioni raccontate da Patrizia Sandretto. E gli artisti italiani? Alighiero Boetti, Giuseppe Penone (entrambi piemontesi), Lucio Fontana e Maurizio Cattelan «piacciono molto a livello internazionale».
Viene da chiedersi che tipo di persone siano realmente i collezionisti. Patrizia Sandretto semplicemente (e ridendo) afferma: «Siamo strani, ciascuno con un’ossessione di qualche tipo, ciascuno con una propria idea di collezionismo». C’è chi colleziona arte contemporanea, chi moderna, chi antica. C’è lo svizzero Uli Sigg (la cui collezione sarà protagonista al Castello di Rivoli, dal 24 febbraio), oggi il maggiore collezionista di arte contemporanea cinese. Ci sono i francesi Sylvain e Dominique Levy che hanno un numero definito di opere (350: per ognuna acquistata, un’altra deve essere venduta), accessibili online in un museo virtuale. C’è il cinese Michael Xufu Huang che ha comprato la sua prima opera a 16 anni e a 20 ha co-fondato il museo M Woods di Pechino.
Intanto la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo compie «un quarto di secolo, un’intera generazione... Dobbiamo pensare ai progetti per i prossimi 25 anni». Quali? L’attività nella sede torinese è fitta, si parla da tempo di un nuovo spazio Madrid, l’anno scorso è rientrato in attività Palazzo Re Rebaudengo di Guarene (dove il 23 maggio verrà presentata la mostra conclusiva della Residenza per giovani curatori stranieri). Patrizia Sandretto ha spesso stupito e ci aspettiamo che lo faccia ancora. Ha un modello a cui si ispira, una figura del passato che avrebbe desiderato intervistare? «Certo! È Peggy Guggenheim. Mi sento in qualche modo vicina a lei. Sapete che un giorno la principessa Pignatelli le disse “Se solo tu gettassi tutti quegli orribili quadri nel Canal Grande, avresti la più bella casa di Venezia?”. Mi sono spesso sentita dire frasi simili… Ma avrei voluto intervistare anche tutte quelle donne che hanno permesso l’apertura dei grandi musei americani, da Isabella Stewart Gardner a Gertrude Vanderbilt Whitney. Sono moltissime. Pensateci, dietro ogni grande museo americano c’è una donna». |