Napoli. Dischi e spartiti d’Avalos: dopo quello gentilizio salviamo l’archivio musicale Natascia Festa Corriere del Mezzogiorno - Campania 4/2/2020
A palazzo si inscatolano biblioteca e discoteca del compositore Francesco
Napoli. Cinquecento anni di storia nobilissima non si impacchettano in un giorno. Palazzo d’Avalos, passato alla Vasto srl dopo il traumatico sfratto del principe Andrea e di sua madre, è un giacimento senza fondo di tesori più o meno nascosti. L’erede ha poco tempo per svuotare — non senza difficoltà — i piani nobili nei quali suo padre, il compositore Francesco, aveva stratificato carte, libri e dischi della sua importante storia personale che si è aggiunta ai settecento anni di lustro della casata.
Messo in sicurezza il fondo gentilizio — con pergamene angioine e lettere di papi e re presso l’Archivio di Stato diretto da Candida Carrino — resta ora aperto il destino delle «carte del principe» ovvero del suo archivio musicale che contiene spartiti, una biblioteca e una discoteca. Un fondo di grande rilevanza come lo era la personalità artistica del compositore e direttore d’orchestra il cui prestigio nel mondo della musica è stato momentaneamente messo in ombra da «quer pasticciaccio brutto di via dei Mille».
La Soprintendenza archivistica di Napoli, guidata da Gabriele Capone, non è stata sorda di fronte a questo nuovo pericolo di dispersione e ha predisposto un piano di messa in sicurezza anche di questo secondo fondo. È una corsa contro il tempo perché, per inscatolare e trasferire tutto, è necessario stabilire con la Vasto un calendario di ingressi «a palazzo». E le proporzioni del prestigioso materiale da traslocare, probabilmente proprio nei depositi della stessa soprintendenza, sono superiori a quelle previste.
Si tratta di carte al momento non vincolate dal ministero ma che per la loro unicità, così come sono geneticamente legate alla personalità di uno dei più importanti compositori del Novecento — in questo modo viene indicato Francesco d’Avalos — non vanno smembrate ma conservate, ordinate e magari rese fruibili a un pubblico di studiosi e studenti. Il direttore d’orchestra Keith Goodman, nel suo intervento Chi era Francesco d’Avalos, e perché dovreste conoscerlo, scrive: «Tra le più grandi personalità culturali e artistiche del secondo ‘900, la sua figura merita ancora una piena riscoperta, poiché (nonostante gli importanti riconoscimenti avuti durante la sua carriera) il suo operato non è ancora abbastanza conosciuto e valorizzato».
Autorevole il ricordo di Dinko Fabris sul Giornale della musica: «Aveva attraversato il Novecento con distaccata curiosità, collezionando memorie in grandi scatole (ora da salvare ndr). Aveva acquisito una stima grande come insegnante e più come direttore d’orchestra, eppure pochi avevano capito che Francesco d’Avalos era semplicemente uno dei più grandi compositori vissuti nel pieno Novecento».
Ricorda, poi, il sodalizio con Hans Werner Henze: «Quando il giovane Henze si stabilì a Napoli, tra i due coetanei nacque una intensa e duratura amicizia che prescindeva dalle forti divergenze ideologiche. Fu Henze a introdurre d’Avalos nell’ambiente tedesco delle post-avanguardie... Dal 1972 d’Avalos fu invitato da Nino Rota a insegnare composizione al Conservatorio di Bari e poi dal 1979 al 1998 ha insegnato Alta Composizione al Conservatorio di Napoli entusiasmando decine di allievi. Più tarda ma di alto profilo internazionale fu invece la sua carriera di direttore d’orchestra, come dimostra la ventina di incisioni discografiche realizzate in gran parte con la Philarmonia Orchestra di Londra (integrali di Brahms, Clementi, Mendelssohn, e soprattutto di Martucci)».
La bacchetta d’Avalos ha anche diretto molte prestigiose orchestre: della Rai di Roma, Rai di Torino, Rai di Napoli, Radio Hamburg, Radio Frankfurt, Jerusalem Philharmonic Orchestra, Hungarian State Symphony Orchestra e molte volte la Philharmonia Orchestra di Londra e altre.
Il San Carlo gli commissionò l’opera Maria di Venosa. «Il soggetto fu scelto dal Lirico per il 250esimo anniversario del teatro — racconta egli stesso, seduto nel salone degli specchi di Palazzo d’Avalos, in pochi minuti di un’intervista salvata su Youtube — io non avrei mai pensato a una storia della mia famiglia. Poi cambiò la gestione del Massimo e l’opera non fu più rappresentata, come accade per tante cose qui a Napoli... Io intanto l’avevo scritta, però! Così la eseguii in Inghilterra e ne feci un disco».
Tutta questa storia musicale sta per essere inscatolata in questi giorni convulsi per «casa d’Avalos».
Di se stesso il principe diceva: «Nato nel 1930, sono stato educato per un mondo che non è mai venuto». |