Il decoro che non c’è, abitazione nelle mura aureliane Antonio Macaluso Corriere della Sera - Roma 19/2/2020
«Una città non è disegnata, semplicemente si fa da sola. Basta ascoltarla, perché la città è il riflesso di tante storie». Ha ragione Renzo Piano, ogni città ha l’anima, la struttura, i contorni di chi la vive. Nel bene e nel male. In un mondo ideale le città dovrebbero esprimere bellezza e civiltà, valori e rispetto, dignità e appartenenza. Ma il mondo ideale è un estetismo dei nostri desideri e diversa è la realtà. Ma anche la realtà dovrebbe avere dei precisi limiti, dei paletti di dignità oltre i quali non andare.
E dunque: come è possibile che un concentrato di unicità come Roma possa subire l’onta di accampamenti veri e propri nelle sue parti più delicate, più sacre? La scoperta di una sorta di monolocale attrezzato con «fungo» per scaldare, impianto di illuminazione, tappeto e letto all’interno di un passaggio delle mura aureliane, ad un passo da Via Veneto, ripropone il tema ormai logoro di un decoro urbano smarrito. Sia chiaro: il senza tetto che l’ha occupato ha seguito il suo istinto di sopravvivenza in una città che – come altre – offre poco e niente a chi non ha nulla. Ma è possibile che nessuno si sia accorto di niente in una zona così vigilata? Nessuno ha visto? O non ha voluto vedere per non dover poi trovare una sistemazione dignitosa a chi vive quell’angolo di storia ridotto a tugurio? Ma allora, chi controlla i controllori? Non sarà che, come sosteneva Lenin, «la fiducia è bene ma il controllo è meglio»?
|