Firenze. Guida ai tesori (anti paura) nei musei civici Edoardo Semmola Corriere Fiorentino 29/2/2020
Acidini spiega i capolavori che domani saranno visibili gratis a Firenze
Sarà una domenica al museo, a metà. Con il Ministero che ha deciso di sospendere la domenica gratuita nei musei statali, mentre i musei civici che la mantengono. Quella di domani sarà la prima a saltare da quando il ministro Dario Franceschini ha reintrodotto questa tradizione. Ma la differenza tra i due approcci non si ferma qui, perché Dario Nardella ha deciso di rilanciare: e anche dal 6 all’8 marzo i musei comunali torneranno ad essere aperti e gratuiti «contro la fobia da coronavirus». Il suo è un appello ai cittadini, un segnale contro la paura del contagio. Che si combatte con la cultura. Segnale ripreso anche dal sistema museale dell’Empolese Valdelsa che risponde con 20 aperture straordinarie, dal museo di Benozzo Gozzoli a Castelfiorentino a Casa Boccaccio a Certaldo, ai musei Archeologico e della Ceramica di Montelupo Fiorentino.
Il viaggio è lungo e pieno di meraviglie: meglio dotarsi di un esperto «Virgilio» per accendere la luce sui musei civici fiorentini. Il sindaco Dario Nardella ha lanciato l’appello: combattiamo la fobia da coronavirus visitando i musei. Ha confermato la «Domenica del fiorentino» con l’ingresso gratuito, domani, nei musei civici che verrà poi replicato a marzo. Sono dieci i musei civici, ma solo sette quelli coinvolti: mancano Palazzo Medici Riccardi e i due ancora chiusi, Galleria Carnielo e Forte Belvedere. Il nostro «Virgilio» è la storica dell’arte Cristina Acidini. Palazzo Vecchio
«Ovviamente partiamo da Palazzo Vecchio». Cristina Acidini non ha dubbi: «Insieme alla Cattedrale, è il luogo maggiormente identitario della città». E vale la pena usare «tutte le opportunità di visita che concede: dai grandi spazi come i salone dei Cinquecento e dei Dugento, la sala delle Udienze, meravigliosi spazi al piano nobile e al secondo piano, agli appartamenti e alle realtà più nascoste come studioli, passaggi, altane, spesso sfuggenti». Il consiglio che dà Acidini è: «Concedetevi tempo. Io ne passerei tanto a guardare anche solo per terra: pavimenti rarissimi e bellissimi di terracotta bianca e rossa di Montelupo, con gli emblemi del duca Cosimo». E altrettanto a lungo si soffermerebbe nella sala degli Elementi che rappresenta «uno dei passaggi fondamentali di tutta la mitografia costruita da Vasari in omaggio a Cosimo e al suo potere». Un esempio su tutti: Saturno che castra Urano di Vasari «nella corona del potere primigenio della creazione da cui prende vita l’intero cosmo». C’è una Nascita di Venere che vede Vasari «interpretare e non imitare Botticelli». E gli dei marini che offrono al duca «prospera navigazione e il godimento dei suoi domini». Chi ama le allegorie, avrà pan per i suoi denti. E poi la sala è stata restaurata di recente e «gli affreschi parietali sono tornati a una luminosità davvero affascinante». Per questo il viaggio lei lo inizia da lì: «Dalla creazione, dal punto zero».
Cercare, scovare, incuriosirsi. Palazzo Vecchio offre tutto questo, non una semplice contemplazione del bello. «Un’altra “caccia” divertente da fare è quella agli emblemi dei Medici — prosegue la nostra Virgilio — e non parlo solo degli stemmi araldici con le palle». Quella parte è facile. «Ma quelli nascosti? La tartaruga con la vela, il capricorno con le stelle, le due ancore con la scritta duabus a significare i fondamenti del potere di Cosimo: l’alleanza con l’Impero e lo Stato di Toscana».
Santa Maria Novella «Non esiterei un attimo a recarmi in Santa Maria Novella». Seconda tappa. Suppellettili religiose, dipinti, sì. «Ma è al Cappellone degli Spagnoli, affrescato da Andrea di Bonaiuto, dedicato a temi religiosi e tutti afferenti all’ordine domenicano, che dobbiamo correre». Il visitatore stia attento a due curiosità. La prima: cosa significano i cani bianchi e neri? «Molti non immaginano che alludano all’ordine domenicano stesso. L’ordine dei domini canes, i cani di Dio, con manto bicromo appunto. Si vedevano come cani al servizio del padrone contro i pericoli. Il padrone è Dio. Il pericolo è l’eresia». L’altra curiosità è la presenza della cupola di Santa Maria del Fiore «quasi completa». Com’è possibile, visto che al tempo di Andrea di Bonaiuto, il Brunelleschi non era ancora nato? Il motivo sta nel progetto di Arnolfo di Cambio che «prevedeva già che la Cattedrale diventasse quasi come la vediamo adesso». Non è Ritorno al futuro ma uno sguardo al futuro, quello di Arnolfo. Basta fare pochi passi ed eccoci nel Chiostro verde. «Un capolavoro assoluto di pittura murale purtroppo sofferente per i danni subiti in passato». Alla sua realizzazione hanno partecipato molti pittori ma è da notare «il magistrale intervento di Paolo Uccello con la sua lunetta del Diluvio universale: una fuga prospettica mai vista prima».
Museo Novecento Il Museo Novecento è la terza tappa. Dall’altra parte della piazza. «La collezione temporanea è di qualità, costituita in gran parte dalla raccolta Alberto Della Ragione». Particolarmente interessante è il nucleo di donazioni che «molti artisti da tutto il mondo fecero quando Firenze venne colpita dall’alluvione, su appello di Carlo Ludovico Ragghianti». Per questo si ha un allestimento «con elementi di casualità» ma «l’idea stessa di un risarcimento alla città è un progetto culturale».
Museo Bardini «È un peccato che il Bardini sia il meno visitato, perché vi si trova di tutto». Acidini usa una provocazione: «È li museo meno “provinciale” di una città che certo non possiamo dire abbia musei provinciali». Allora, qual è il senso? «Il suo pregio è che mentre la maggior parte degli altri musei si concentrano sull’arte fiorentina, Stefano Bardini inseguiva la qualità senza porsi limiti geografici». Dall’arte del cuoio alle sculture, le arti applicate, la ritrattistica, ha «una raccolta sterminata e unica per curiosità e pregio» .
Cappella Brancacci Rifacendoci al famoso proverbio della botte piccola con il vino buono, eccoci al Carmine: Masaccio è il vino buono e la Cappella Brancacci la botte piccola. «Ma non c’è solo Masaccio, l’intera chiesa carmelitana è un gioiello che rimanda a ciò che Luca Giordano darò a Palazzo Medici Riccardi» .
Fondazione Romano Sempre in Oltrarno c’è la Fondazione Salvatore Romano con l’Angelo adorante di Tino di Camaino e l’importante collezione di sculture romaniche di Romano, «una delle rare presenze a Firenze dell’arte di questo periodo». Museo Bartali
L’ultimo della lista è il Museo Bartali che Cristina Acidini ha visto nascere perché a quell’epoca era soprintendente del Polo Museale. «È il più giovane dei musei metropolitani, tutto da scoprire». |