Milano. Il laboratorio delle meraviglie Marta Ghezzi Corriere della Sera - Milano 6/3/2020
La Negroni, fondata nel ’58, produceva manufatti destinati all’oreficeria Oggi è un museo d’impresa
Su un maxi schermo alla parete viene proiettato il documentario che mostra com’era in origine l’Attrezzeria Negroni. Uno spazio industriale e artigianale insieme, come ce n’erano molti a Milano. La Negroni creava manufatti in metallo destinati all’oreficeria, dai punzoni agli stampi per le medaglie ma anche targhette dei modelli di Fiat e Iveco che spuntano da una vecchia scatola. L’Attrezzeria, in via Tajani, al confine fra Ortica e Città Studi, a ridosso della ferrovia, fu fondato nel 1958 da Edoardo Negroni, incisore alla Scuola d’Arte al Castello e poi a bottega a imparare il mestiere fino alla creazione del suo laboratorio iper-specializzato. Il doc prosegue con le istantanee in motion che mostrano la ristrutturazione e il nuovo progetto: «L’idea era proiettarlo all’inizio dell’open day e solo alla fine aprire la porta del laboratorio e invitare il pubblico a girare e scoprire», racconta Eliana Negroni. L’open day però, causa coronavirus, è saltato. «Chiusi ancora prima di aver aperto», ironizza lei. E racconta di essersi ribellata: «Il cantiere è stato una lunga corsa ad ostacoli, la presentazione alla città era un passaggio importante che non volevo saltare», dice. Dopo un paio di notti insonni, è arrivata l’ispirazione: visite guidate a micro gruppi, tre, quattro persone al massimo per volta. «E’ un inizio, in una situazione di emergenza si impara a rallegrarsi di ogni piccolo passo in avanti. Stiamo organizzando il calendario dei prossimi giorni, prendiamo le prenotazioni».
Tanti i ricordi di Eliana: «Sono entrata più volte in crisi da bambina quando mi chiedevano il mestiere di papà, dall’attrezzeria non uscivano pezzi finiti, pronti per il mercato ma venivano creati i disegni, le matrici, i cilindri, utilizzati per realizzare particolari in metallo». Tutto fatto a mano, con pantografi e bilanceri, al tornio, al laminatoio. La fine dell’attività coincide con l’arrivo del digitale che rende obsoleti i macchinari.
«Una sfida che non poteva essere raccolta da chi era abituato a un’attività artigianale, basata sull’abilità manuale, la precisione che arriva dall’esperienza», sottolinea. E’ a questo punto che entra in scena Negroni Junior. «Mi occupavo di altro, di marketing, ho mollato tutto e mi ci sono tuffata dentro». La produzione si è aggiornata, la sede spostata nel piacentino, in città sono rimasti magazzino e laboratorio. Che farne?Un bando regionale ha indicato la strada. Oggi l’Attrezzeria Negroni si presenta sotto una duplice veste: Spazio culturale e archivio on line. Un open space con pavimenti in resina e infissi in metallo che mantengono il linguaggio dello spazio industriale, per eventi, presentazioni, mostre, e l’Archivio con gli utensili dell’opificio storico. «Un piccolo museo d’impresa per non disperdere una storia e un know-how, ma l’intenzione è anche renderlo serbatoio dinamico sui mestieri d’arte, oltre che nuova tappa di un circuito fra artigianato, curiosità e storia del Novecento di Milano». |