Hayez e Borsato a palazzo Giovannelli. Venezia, le opere inedite emerse nel restauro. L’edificio destinato a diventare hotel Giorgia Pradolin Corriere del Veneto 24/3/2020
VENEZIA. «Ho riconosciuto immediatamente i tratti morelliani di un giovane Francesco Hayez nelle figure, la qualità di Giuseppe Borsato nelle decorazioni e nelle cornici dell’800. Una scoperta assolutamente inedita, nell’unico ambiente neoclassico del palazzo, uno scrigno di opere», dice il ricercatore Roberto De Feo dopo aver varcato la soglia di una sala quasi dimenticata di Palazzo Donà Giovannelli, destinato a diventare albergo di lusso in Strada Nuova.
VENEZIA. Sul soffitto domina un affresco centrale con divinità marine, probabilmente in onore di Venezia, mentre sulle pareti ci sono le quattro stagioni personificate. Quando il ricercatore Roberto De Feo ha varcato la soglia di una sala quasi dimenticata di Palazzo Donà Giovannelli, edificio destinato a diventare albergo di lusso in Strada Nuova, si è sentito mancare il fiato. «Ho riconosciuto immediatamente i tratti morelliani di un giovane Francesco Hayez nelle figure, la qualità di Giuseppe Borsato nelle decorazioni e nelle cornici dell’800. Una scoperta assolutamente inedita, nell’unico ambiente neoclassico del palazzo, uno scrigno di opere».
De Feo è docente di storia dell’Arte all’Università di Udine, esperto di affreschi parietali dell’800, già curatore a Venezia della mostra «Canova, Hayez, Cicognara alle Gallerie dell’Accademia». E’ anche autore della monografia del pittore veneziano Giuseppe Borsato (1770-1849), di cui ha subito riconosciuto lo stile in quella sala, nella parte più antica del palazzo sfuggita al restauro di Giovanni Battista Meduna (lo stesso architetto della Fenice) tra il 1847 e il 1848. «Non ho alcun dubbio sull’autenticità delle opere, posso metterci la mano sul fuoco. La qualità di Hayez è inarrivabile e riconoscibile, basta guardare l’articolazione delle dita femminili e i tratti dei volti».
La scoperta delle opere dei due artisti è avvenuta qualche settimana fa. «Quando il Gruppo Barletta ha acquistato l’immobile a novembre – ricorda l’ingegnere Gilda Cotzias, direttore sviluppo del gruppo che coordina i lavori – c’è stata subito l’esigenza e la sensibilità di voler conoscere qualcosa di più a livello storico e artistico del palazzo, interamente vincolato dalla Soprintendenza. Abbiamo svolto delle analisi e ci siamo accorti che in alcune parti dell’edificio, coperti da intonaco e carta da parati, c’erano tasselli di decorazioni che andavano approfonditi e ci siamo affidati a un esperto».
Da circa vent’anni l’edificio del XV secolo, palazzo storico della famiglia Giovannelli, poi passato ai Duchi D’Urbino affacciato sul rio di Noale e su quello di Santa Fosca era in semiabbandono. Nell’enorme salone nobile era stata anche custodita «La Tempesta» di Giorgione. La scoperta dei dipinti, originariamente realizzati su del marmorino incipriato che è stato poi ricoperto da intonaco in quella che probabilmente era un miniappartamento privato, sarà presto oggetto di una pubblicazione da parte di Roberto De Feo. Sulle pareti si nota un anziano, probabilmente a rappresentare l’inverno, mentre la primavera è una giovane donna che sorregge dei fiori, ma c’è anche una raffigurazione in bianco e nero di tritoni che trattengono un putto, poi un cupido e sul soffitto l’affresco centrale. Per il docente è una rappresentazione della vittoria di Galatea, ninfa che poggia su una conchiglia tra amorini e divinità marine. «All’epoca il giovane e già talentuoso Hayez e Borsato, entrambi veneziani, lavoravano assieme in palazzi privati per sbarcare il lunario – spiega il ricercatore – in un progetto di Borsato ho riconosciuto il disegno del camino presente in questa sala. «Per un ricercatore – conclude De Feo – è l’emozione più grande che possa esserci. In quella stanza chiusa da decenni, forse da un centinaio d’anni, ci sono opere mai conosciute di Hayez e Borsato, che ora possono essere condivise con il mondo». |