Librerie chiuse. Napoli spaccata: «Meglio aprirle» Natascia Festa Corriere del Mezzogiorno - Campania 14/4/2020
Di Maio e Wurzburger «Sarebbe stato meglio un ritorno graduale»
Giuseppe Conte decreta la riapertura delle librerie. Vincenzo De Luca ridecreta che in Campania rimarranno chiuse. E se è vero che tanti addetti ai lavori non avevano gioito della decisione di Palazzo Chigi — almeno sette tra i napoletani, tra cui Iocisto avevano firmato l’appello nazionale di Led — ce n’erano altrettanti che non vedevano l’ora di tirare su le saracinesche. Tra questi un libraio tra i più longevi, che con i suoi 40 anni di mestiere s’inscrive nella nobile genia dei librai-editori — Raimondo Di Maio di Dante&Descartes — e quello più fresco d’apertura, Francesco Wurtzburger, che ha fatto giusto in tempo a inaugurare The Spark, in piazza Bovio: dopo 14 giorni la chiusura imposta dall’emergenza.
«Viste le grande incertezze — dice Di Maio — sarebbe stato giusto iniziare ad aprire le librerie anche se gradualmente, a giorni alterni, come segnale di ripresa: per noi sarebbe stato psicologicamente oltre che economicamente importante. Siamo circondati dall’approssimazione anche in campo virologico: ogni studioso esprime opinioni vaghe. La scienza, quella esatta, raggiunge un risultato e solo allora lo comunica. In questa pandemia siamo invece sopraffatti dalla spettacolarizzazione dei pareri. Poiché tutto questo non dà certezze, sarebbe il caso ci facessero tornare a quel poco di lavoro che sappiamo fare. Del resto ognuno di noi deve diventare un “comitato nazionale di tutela per se stesso e degli altri” perché di fatto nessuno sa cosa sia questo male».
Le librerie non hanno da tempo le file interminabili che si vedono agli Apple Store. «Certamente no, per questo non comprendo l’ambiguità lasciata dal nostro amministratore regionale nella sua delibera: obbliga alla chiusura noi piccoli e dà la licenza ai grandi colossi, tipo Amazon, di spedire i libri, facendo un danno gravissimo ai nostri già gracili bilanci. Nella mia lunga militanza di libraio non mi era mai capitato di tener chiusa la serranda per così tanto tempo. Mi sento un contrabbandiere. Riaprire, inoltre, poteva rappresentare un test per provare a convivere con questo virus e per sperimentare la mobilità urbana ai tempi della pandemia. La libreria non è di prima necessità ma di grande necessità. Siamo gente matura, però, e sappiamo recepire e rispettare le regole».
Sulle prove tecniche di avvicinamento alla normalità è d’accordo anche Wurtzburger: «Un’apertura calmierata si poteva benissimo fare, almeno per cominciare a prendere le misure con i titoli. Riaprire non è solo vendere, ma fare i conti con il monte merci, con i programmi, i progetti: noi siamo anche un Hub creativo. Cambieranno i modi del socializzare e abbiamo bisogno di sperimentare le nuove norme. Aprire con mascherine, dispenser di disinfettante all’ingresso e distanza di sicurezza avrebbe potuto essere una modalità light per ricominciare. “Fare libreria” significa anche svolgere una funzione sociale e credo sia importante che presidi del genere vengano aperti prima. In ogni caso abbiamo tanta voglia di riprendere dove avevamo lasciato: non c’è stato tempo per esprimerci».
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