Roma. Più tavolini all’aperto, monumenti tutelati Lilli Garrone Corriere della Sera - Roma 29/4/2020
Iter semplificato: basteranno 20 giorni. Garantito il passaggio delle ambulanze
Tavoli all’aperto: sarà esaminata nella prossima giunta la memoria che stabilisce i criteri per ampliare gli spazi di bar e ristoranti duramente provati dall’emergenza coronavirus, che dovranno rispettare le prescrizioni del governo sulla distanza minima tra un cliente e l’altro. Sarà presentata dall’assessore alle Attività produttive Carlo Cafarotti e prevede l’ ampliamento anche in deroga ai piani di massima occupabilità fino al 35 per cento, nel rispetto della superficie disponibile. Saranno salvaguardati in ogni caso i monumenti, con una distanza minima degli arredi dalla visuale o dalle facciate, secondo le prescrizioni delle Sovrintendenze statali e comunali. Dovranno inoltre essere rispettate le regole del Codice della strada e dovranno poter passare i mezzi di soccorso.
Ma la vera novità è la semplificazione con cui tale ampliamento sarà concesso, attraverso una segnalazione certificata di inizio attività, la «Scia». Il procedimento dovrà essere veloce, al massimo entro 20 giorni dal momento in cui viene ricevuta l’istanza. La memoria dovrà essere trasformata in una delibera e passare all’approvazione dell’assemblea capitolina. I tempi sono dunque piuttosto stretti, visto che bar e ristoranti dovrebbero aprire il primo giugno.
E nel frattempo tutto il mondo del commercio continua a essere in agitazione. E almeno 500 ristoranti che possono iniziare l’asporto e molti negozi di Roma minacciano lo sciopero per il 18 maggio. Apporranno una locandina sulle saracinesche con l’hastag #iovogliolavorare e con la scritta «questo esercizio è in sciopero» accusando di non essere stati sufficientemente tutelati dallo Stato. Sono guidati dal presidente di Roma Produttiva Giulio Anticoli che dice: «Facciamo un giorno di sospensione “extra” perché in queste condizioni è un suicidio. I sussidi ancora non arrivano, la mobilità è bloccata. Dal 19 verificheremo se c’è un’economia sostenibile». E da parte sua il presidente delle Botteghe romane Enrico Corcos, dopo aver partecipato a una riunione in videoconferenza con altre 45 Reti d’Impresa del Lazio, per un totale di 5.000 esercizi commerciali che si sono confrontati sulle criticità della fase 2, ritiene che «già il 30 per cento di loro non apriranno le serrande, perdendo così un grande patrimonio di botteghe di vicinato che non solo sono luogo di incontri, aggregazione e cultura, ma in questa occasione di crisi, sostituendosi a chi dovrebbe provvedere, hanno sostenuto la popolazione con grandi donazioni e spesso crediti di spesa verso i clienti che non riescono a pagare». Per questo Corcos torna a chiedere anche l’apertura dei varchi, perché «dando la possibilità di entrare in centro si potrebbe incrementare il “take away”, visto che attualmente le piattaforme private che fanno il servizio di delivery prendono il 30 per cento dell’importo della spesa: costo totalmente antieconomico che non consente ai ristoranti di lavorare».
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