Perché le biblioteche restano la cenerentola della fase 2 Saverio Russo Corriere del Mezzogiorno - Puglia 4/6/2020
C’era sicuramente da aspettarselo: biblioteche e archivi sono luoghi pericolosissimi da tener chiusi e da aprire il più tardi possibile. Mentre si sono riaperti bar e ristoranti, chiese, stabilimenti balneari, palestre e piscine e si progetta di aprire al più presto anche le discoteche all’aperto, molti importanti archivi e biblioteche restano chiusi. Gli esempi sono tantissimi, dalla Nazionale e dall’Archivio di Stato di Bari, alla Magna Capitanata di Foggia, a molte biblioteche universitarie, a numerosi archivi diocesani. Pur essendo stata consentita l’apertura, a livello nazionale dal 18 e in Puglia a partire dal 25 maggio, sia pure con protezioni individuali, su appuntamento e a numeri contingentati (peraltro, anche in tempi ordinari, non sono mai stati luoghi di pericolosi assembramenti), la macchina delle riaperture, con la redazione di documenti di valutazione rischi specifici, la contrattazione sindacale e l’ acquisto dei dispositivi di protezione e dei termoscanner, si è messa in moto solo da poco. La conseguenza di tutto ciò è che molte strutture restano chiuse e non se conosce la data di apertura. In alcuni casi per l’acquisto di tali dispositivi si deve attendere la gara unica, per tutti gli uffici, aperti al pubblico e non, e quindi c’è da temere che si riaprirà solo a settembre, sempre che in alcune strutture sia rimasto qualcuno in servizio e arrivi qualche unità attraverso la mobilità, dati i ritardi nell’espletamento dei concorsi banditi o, cosa ancora più grave, la loro mancata indizione. Così, chi fa ricerca deve aspettare, gli studenti che fanno la tesi devono portare pazienza, i docenti che li seguono servono sudare sette camicie per cercare materiali digitalizzati (in Italia iamo indietro su questo terreno) o provvedere a scansionare pagine di libri da inviare allo studente.
Cosa c’è dietro questa serie di dati? Sicuramente l’irrilevanza di biblioteche e archivi all’interno del comparto del Ministero e degli altri enti proprietari, ma soprattutto la marginalità dei portatori di interesse in questo ambito, come se la ricerca o lo studio siano sfizi privati di qualche perditempo che conta poco elettoralmente. |