Rigenerazione Cenacolo e Brera. I turisti sono i ragazzi milanesi Stefano Landi Corriere della Sera - Milano 10/6/2020
Il primo a rimettere il naso dentro è un bambino che per misurargli la febbre tocca alzarlo di peso per incollargli la fronte al termoscanner. Riapre la Pinacoteca di Brera e riapre pure il Cenacolo. Due delle tappe preferite dai turisti per mettersi in coda. Eppure ieri non c’erano stranieri e manco le file. A ribattezzare due simboli della cultura in città sono stati proprio i milanesi. I ragazzi. Quelli che si sono prenotati online, come le nuove normative richiedono. E come i nuovi formati consentono si sono ritrovati in una dimensione intima a visitare spazi che, come molti di loro ammettono, non avevano mai visto in vita loro. A vederla così sembra quasi una forma di ricompensa. La città colpita da tre mesi di immobilismo, che senza calcolarlo ridà priorità alla sua gente. Brera, prima mattina. L’odore è quello del gel disinfettante di cui tutti abbondano. La nuova formula prevede l’ingresso di 30 persone ogni 20 minuti. Massimo 90 contemporaneamente dentro a sale dove l’ultimo dei problemi sarebbe il distanziamento. Anzi, giura qualcuno, all’uscita: «Sembra di stare all’aperto». La sensazione è strana. Sembra quasi una visita privata. E non si tratta di cercare il lato buono della cosa. Può diventare un modo per valorizzare la differenza con prima che l’epidemia ribaltasse le regole del gioco.
Entra la famigliola con passeggino al traino, che si era preparata con il «Brera-box», una sorta di kit virtuale per fare stretching prima di godersi il tour fisico. Poi il missionario Renzo: «Non venivo da quando ero piccolo», dice. A un paio di stanze di distanza ci sono Emiko e Masako: «Sono venuta a Milano da Cremona per rinnovare il passaporto approfittando del giorno di chiusura del museo del Violino dove lavoro», dice Emiko. «Io faccio la guida turistica e sono ferma», aggiunge. Insieme si godono il fascino della prima volta. Per la Pinacoteca ci sono già oltre 2 mila prenotazioni entro fine mese: sold out fino a domenica. Con questi numeri andare a un museo è un po’ come prenotarsi un ristorante. Passa il direttore James Bradburne: guarda con occhi teneri questa fase di rodaggio. «Sono contro il turismo culturale di massa, questa epidemia ci obbliga a non ripetere gli errori del passato», dice. In tanti qui lo pensano: i musei devono farsi trovare pronti e flessibili, tanto quanto gli ospedali.
Anche al Cenacolo il silenzio vince su tutto: pre Covid entravano 35/40 alla volta. Da ieri massimo 5. Nessun brusio di fondo: né la guida di turno, né i commenti di chi si mette in coda per il selfie. In un pomeriggio entrano praticamente solo ragazzi milanesi, lombardi al massimo. I primi a mettersi abbracciati davanti all’Ultima Cena sono due giovani medici di Lodi nel giorno di riposo: «È la riscoperta di cose che davi per scontate», raccontano Riccardo Carrer e Alice Leonetti. Vista così la visita è probabilmente più sacrale, sicuramente più pura. Entrano Marta e Alex, studenti della Statale, con macchina fotografica al collo modalità turista: «Volevamo venirci da due anni e rinunciavamo per le code. E ci vergognavamo a dire di non esserci mai venuti», raccontano. C’è poi il gestore di una discoteca milanese, chiusa per Covid. Uno che fino a ieri pensava a fare ballare la gente. E che oggi si mette in coda con la fidanzata per recuperare quello che si è perso: «Oggi qui, poi facciamo l’area archeologica sotto il Duomo e il Castello Sforzesco». Così giovani eppure così timidi. Quanto durerà questa riverenza? |