Sit-in, slogan e vernice rosa. «Colonialismo è violenza». Ma Conte difende le statue Andrea Senesi Corriere della Sera - Milano 17/6/2020
Montanelli, femministe in piazza. Il premier: no all’oltraggio
«Il colonialismo è stupro». L’asfalto di piazza della Scala si colora di rosa alla fine del breve presidio di protesta organizzato all’ora dell’aperitivo davanti a Palazzo Marino da «Non una di meno». Trecento persone dei collettivi femministi e delle realtà antagoniste. Nessuna bandiera di partito, a parte una sparuta delegazione di militanti verdi avvolti nel drappo del sole che ride. Il luogo scelto per il sit-in è tutt’altro che casuale. Perché l’obiettivo è contestare (anche) la sinistra di governo e istituzionale, «colpevole» di essersi schierata a difesa della memoria di Indro Montanelli. «Stupro, pedofilia e colonialismo non sono errori», si legge sul lungo striscione steso davanti all’ingresso del municipio. Gli stessi organizzatori però chiedono ora di andare oltre, di alzare lo sguardo da quel monumento ai giardini di Porta Venezia. «Non riduciamo tutto alla statua di Montanelli», dice Elena, una portavoce di «Non una di meno»: «Noi oggi vogliamo avviare una seria discussione sulla decolonizzazione dello spazio urbano della città, perché Milano è per fortuna attraversata ogni giorno da un modello di normalità molto diverso da quello che difende il gruppo di potere. Questa città è abitata da tantissime persone, soprattutto ragazze giovani che ormai sono meticce e hanno genitori che provengono da ogni parte del mondo». Una critica al sindaco? «A Sala diciamo che rifiutiamo ogni banalizzazione dello stupro e della violenza», spiega l’attivista.
In piazza della Scala non si vedono politici né volti noti.Tra i tanti giovani, si riconosce però Lea Melandri, storica attivista del movimento delle donne, che sposa senza riserva l’impostazione della mobilitazione. «Non m’interessa rimuovere statue, ma dare un segnale. Questi monumenti a chi li abbiamo eretti? La storia va interrogata, altroché. E ora è più che mai necessaria una riqualificazione dello spazio pubblico. D’altra parte una delle lezioni più feconde del movimento femminista è stata che “il personale è politico”». «Rivogliamo i giardini di Porta Venezia», si legge su un cartello. «Decolonize the city per una Milano antirazzista e transfemminista», dice un altro. Prima del flash-mob con la vernice rosa, le militanti s’alternano in velocissimi comizi. «La vita di Destà vale, la nostra vita vale», urlano alla fine del sit-in, con un evidente richiamo agli slogan utilizzati nelle città americane in rivolta contro le discriminazione razziali.
Sulla questione della statua di Montanelli ieri è intervenuto anche il premier Giuseppe Conte. «Sono da condannare gli oltraggi alla memoria di persone che hanno svolto un ruolo nella nostra storia», ha detto il presidente del Consiglio in una intervista alla «France Presse»: «Questa furia iconoclasta ci ricorda periodi oscuri del passato ed è chiaro che tutti gli atti di violenza, gli oltraggi alla memoria di persone che hanno svolto un ruolo nella nostra storia culturale, politica e istituzionale devono essere condannati». «Io capisco — dice Conte — che si sia diffusa rabbia per alcuni episodi di razzismo. Ma il razzismo è vietato in tutte le sue forme dalla nostra carta costituzionale. Noi dobbiamo evitare che il razzismo si coniughi con l’insicurezza sociale, perché da lì possono nascere frustrazione, violenza e rabbia». |