Palazzo del Principe in sicurezza? Uno sfregio per chi l’ha restaurato Antonio Della Rocca Corriere del Mezzogiorno - Puglia 19/9/2020
Una ringhiera di metallo sulle antiche pietre del Palazzo del Principe, a Muro Leccese, diventa pietra dello scandalo. «Uno sfregio» allo splendido edificio eretto nel XV secolo su una struttura risalente al Medioevo, sentenzia il professore Paul Arthur, un’autorità in materia di archeologia medievale, oltre che curatore del restauro che, nel 2004, restituì dignità e lustro alla residenza patrizia dei principi feudatari locali. Di più. È il segno tangibile di come, non di rado, si fatichi a trovare il giusto equilibrio tra le esigenze della fruizione sicura dei beni culturali, di cui comunque non sfugge l’importanza, e quelle, altrettanto rilevanti, legate alla salvaguardia della bellezza. Ne è convinto Paul Arthur, professore di Archeologia medievale all’Univesità del Salento e presidente della Società degli archeologi medievisti italiani (Sami). Perciò, quello che la sensibilità dello studioso codifica come un graffio evitabile al volto rugoso del Palazzo del Principe, diventa simbolo, insieme ad altri, di una complicata dialettica tra apparati, quadri normativi e burocrazie. Si aggiunga anche la sciatteria del tariffario delle visite scritto a penna su un pezzo di cartone appeso a un traballante treppiede all’ingresso della residenza, a completare un quadro «di desolante degrado», come denuncia lo stesso Arthur.
Si dice stupito il professore, anche perché, ricorda, «il palazzo è uno degli edifici medievali più importanti dell’intero Mezzogiorno d’Italia e doveva diventare un centro di fama europea per il suo valore culturale, mentre ora vedo cose da paese dell’Africa centrale». Una dura reprimenda indirizzata al Comune che, a suo tempo, ha avviato i lavori per rendere visitabile il piano superiore, dovendo, per questo, mettere a norma l’intero immobile. «Comprendo bene le esigenze di sicurezza – ragiona Paul Arthur –. E comunque le misure necessarie per rendere fruibile il palazzo non necessariamente devono essere contrastanti con l’estetica. Il bene non può essere sfigurato in ragione di tali esigenze. Ricordo che il compianto sindaco di Muro Leccese, Totò Negro, cercò il dialogo, all’epoca dei restauri, con i vigili del fuoco per trovare un giusto compromesso tra sicurezza e tutela del manufatto. La ringhiera? Non dico che non andava fatta, ma si poteva scegliere una soluzione meno impattante, più dolce, più artistica. Io credo, per il bene dei nostri monumenti, che anche nell’applicazione delle normative si possa trovare un equilibrio, mentre qui mi pare che ognuno stia procedendo per la propria strada lavandosene le mani».
Grazia Semeraro, professoressa di Archeologia classica al dipartimento di Beni culturali di UniSalento, riflette: «Vi è un’assenza di strategia da parte dei Comuni nella gestione del patrimonio culturale di cui sono proprietari. Un sistema di gestione di alto livello dei beni culturali dovrebbe essere in grado di individuare le soluzioni più coerenti con il contesto monumentale. Dico questo come considerazione di carattere generale, senza alcun riferimento a vicende specifiche». Il sindaco di Muro Leccese, Antonio Lorenzo Donno, difende il lavoro fin qui fatto al Palazzo del Principe, spiegando che tutti gli interventi, compresa l’installazione della ringhiera divenuta pomo della discordia, sono stati fatti sotto la supervisione e con il benestare della Soprintendenza. «Non capisco tutte queste critiche – replica il primo cittadino –, perché abbiamo agito nel pieno rispetto delle regole. Per rendere fruibile il piano superiore del palazzo abbiamo dovuto fare lavori imposti dalle norme sulla sicurezza e che ci sono stati chiesti dai vigili del fuoco. Abbiamo fatto dei progetti e la Soprintendenza ha approvato la ringhiera che è stata installata. C’era la necessità di rendere più sicuro l’affaccio e, sinceramente, intervenire con delle opere murarie - rimarca Donno - ci sembrava eccessivo. È passata quella soluzione progettuale e abbiamo proceduto come da indicazioni della Soprintendenza. So che il professore Paul Arthur avrebbe preferito che nel Palazzo del Principe fossero custodite solo testimonianze dell’epoca medievale, ma avendo anche una storia messapica da raccontare, in virtù di importanti testimonianze archeologiche, a queste abbiamo voluto riservare una zona dell’edificio».
La Soprintendenza conferma di avere concesso il via libera agli interventi e che tutto procede secondo i piani nel cantiere ancora oggi in piena attività. Nessuna svista. Nessuno sfregio alla bellezza. |