Uffizi, brand da non inflazionare Chiara Dino Corriere Fiorentino - 10/2/2021
In un crescendo di entusiasmo il progetto degli Uffizi diffusi si allarga sino a comprendere potenzialmente 100 musei del territorio toscano. Il direttore delle Gallerie fiorentine Eike Schmidt alla delocalizzazione del patrimonio dei suoi depositi tiene molto. E così da qualche mese ha investito energie e tempo alla ricerca di siti adatti a contenere opere degli Uffizi fiorentini — dovremo abituarci a chiamarli così — in altre sedi museali. Il 4 febbraio ha detto: «Per gli Uffizi diffusi dovrebbero esserci almeno 60 sedi, ma io ne vorrei anche 100, naturalmente non si potrà fare tutto in un anno, ci vorrà più tempo». Il fulcro attorno a cui si articola il progetto comprende cinque luoghi: la villa Medicea di Careggi, dove l’intento sarebbe quello di concentrare le opere capaci di illustrare cosa fu l’Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino e la villa Ambrogiana a Montelupo, dimora prediletta di Cosimo III a cui sono destinate molte delle opere da lui collezionate oltre che da Ferdinando I. Nella top five ci sono anche il Museo Civico di Pescia, il Museo della Battaglia di Anghiari, dove è stata esposta la Tavola Doria prestata proprio da Firenze e il Centro visite del Parco Nazionale foreste casentinesi Monte Falterona e Campigna a Castagno d’Andrea che ospita già il museo virtuale di Andrea del Castagno e dove dovrebbe arrivare quest’anno il ritratto di Dante fatto dall‘artista.
Recentemente il direttore Schmidt è andato in visita alle Terme del Corallo di Livorno — qui potrebbero arrivare gli Uffizi del mare — e sono di questi ultimi giorni le candidature di Massa Marittima e di Grosseto ma anche di Fivizzano, Rapolano e di molti Comuni. Sono almeno 40 i siti che hanno chiesto di essere ricompresi nel progetto, tanto che il museo fiorentino ha dovuto organizzare una sorta di ufficio ad hoc per smistare richieste. Idea bella e interessante quella di delocalizzare la gran copia di opere custodite nei depositi agli Uffizi, sulla quale, qualche mese fa, su questo giornale, Andrea De Marchi ha sviluppato un ragionamento ricordando però «come nella stessa Toscana, ancor oggi non si riesce a tenere aperti i musei che già ci sono» e chiedendo una progettazione condivisa del decentramento degli Uffizi che tenga conto della necessità di un spostamento delle opere secondo criteri filologicamente rigorosi. Su questo Schmidt è stato inflessibile e i progetti della villa Ambrogiana e di quella di Careggi lo dimostrano. Saranno spostate solo quelle opere che, per ragioni storiche e culturali, dialogano con i siti che le ospiteranno.
Però c’è un’altra domanda che aleggia? Siamo certi che diffondere il brand Uffizi in modo così capillare sia ragione di sviluppo dei musei meno noti e non di inflazione dello stesso brand? Siamo certi che un turista straniero, costretto a operare delle scelte venendo in Toscana, preferisca vedere 100 emanazioni degli Uffizi con tutto lo storytelling delle Gallerie alla visita di altri luoghi con altre storie e altre identità? E se ciascuna realtà si auto-raccontasse facendo della propria specificità e della propria ricchezza un motivo di vanto e di diffusione della conoscenza? Facciamo degli esempi. Santa Fiora potrebbe condividere col mondo l’eccezionalità delle sue terrecotte robbiane. Arezzo potrebbe raccontare urbi et orbi , meglio di quanto non lo faccia ora, la stupefacente bellezza del ciclo di affreschi sulla Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco, Volterra potrebbe farci innamorare di nuovo dei suoi alabastri e Vicchio potrebbe costruire la sua narrazione sulle infanzie di Giotto e del Beato Angelico che qui sono nati. |